lunedì 30 marzo 2009

Capitolo 22 Facciamo alla romana? Anche no.

L’unico albergo dell’isola si affaccia sulla splendida baia di Kingscote. Da un punto di vista meramente scenico non c’è nulla da eccepire. Peccato che l’estate australiana sia ancora all’inizio, e che il vento spazzi via ogni tentativo di goderci il tramonto sull’oceano. Che strana giornata, cotti di giorno, ghiacciati alla sera! E l’estrema razionalizzazione dell’acqua potabile sull’isola non ci consente neppure il conforto di una doccia bollente. Il clima avverso ci consiglia inoltre di approfittare del ristorante del hotel, senza avventurarci troppo in città. Vorrà dire che dedicheremo la giornata di domani alla sua esplorazione. Fra il viaggio impegnativo, e la divergenza culturale che vuole la cena servita ben prima delle 20, arriviamo in sala che la metà dei tavoli è già stata allestita per la colazione, e le cucine sono in via di chiusura. Un cartello ci avvisa che l’orario entro il quale saranno disponibili le cibarie non va oltre le 21. Per stasera ce la facciamo a pelo, domani sarà il caso di essere più attenti.

La nostra cameriera ci piazza giusto davanti alla fantastica vetrata fronte oceano. Ad un occhio inesperto potrebbe sembrare un tavolo fantastico, rispetto a quelli più interni e con viste ben più scarse. In realtà presto capiamo che ciò che l ha spinta ad agire in siffatta guisa non è la più elementare cortesia, bensì un istinto molto più bieco e perverso. Il tavolo alle nostre spalle è occupato, ORRORE!, da due coppie di italiani. Anzi, peggio. Romani. E’ in assoluto la nota più dolente del viaggio. I romani, da bravi abitanti della capitale, raggiungono l’apogeo in tutti i nostri difetti, mescolandoli con una clamorosa spocchia da padroni del mondo. Questo atteggiamento non era carino già negli anni precedenti la nascita di Cristo, ma almeno era in parte giustificato. Ora non ha proprio alcun motivo di essere. In più la vetrata dei primi del ‘900 sente tutto il peso dei suoi anni, e gli spifferi gelidi che lascia passare concorrono nel rendere impegnativa la nostra digestione.

Evidentemente il nostro bieco inglese ci ha rivelato per ciò che siamo, cioè degli italiani rompicoglioni. La cameriera, già avezza a questa orrenda tipologia di ospite, ci ha affiancato agli altri avventori accomunati dalla medesima origine e ci ha relegati nella zona più lontana e disagevole, ancorché più bella dal punto di vista panoramico. Dopo 10 minuti di schiamazzi in romanesco stretto che feriscono le mie orecchie, la mia nostalgia verso le deserte coste della Great Ocean Road si fa oltremodo viva e tangibile. Per superarla non vedo altro rimedio che gettarmi sul cibo con voracità, e ordinare del canguro, sotto forma di bistecca.

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