martedì 16 febbraio 2010

Capitolo 50 Familiarizzare con lo "Swamping"

All'orizzonte appare un isola. I naviganti si aggrappano alla speranza che la tremenda traversata volga al termine, e si riversano festanti sui ponti, attendendo il momento di rimettere i piedi sulla terraferma. La barca procede, l’isola rimane, lo scoramento impera. L’oceano non lesina i suoi colpi migliori, e dopo un’ora e mezza il numero di superstiti con ancora in corpo la colazione è drammaticamente sceso a poche unità. Tra questi militiamo ancora io, Barbara e la ninja capo delle sfitinzie, mentre le due giovani paddawan, dopo aver rivisto ogni pasto fino al latte materno, hanno ripreso quella tranquillità e scioltezza che caratterizza chi ormai non ha più nulla da perdere. Purtroppo devo fastidiosamente riconoscere che la sfida sta volgendo a favore della nostra dirimpettaia. Io e mia moglie stiamo mettendo ogni energia nel tentativo di mantenere lo stomaco entro ragionevoli limiti di rollio, e la situazione sta precipitando di minuto in minuto. Di contro, la malvagia minigonnata continua imperterrita a rovesciare nello stomaco ogni sorta di cracker/biscotto, incurante degli sguardi d’odio che ogni persona che passa le lancia, due secondi prima di ripercorrere la via verso il rinfrancante parapetto. E’ chiaro che abbiamo scelto male l’avversario per il nostro contest: se le due pulzelle ci hanno dato grosse soddisfazioni in termini di corsa all’oceano, è ovvio che la terza dev’essere stata partorita sul dorso di un cammello, imbarcato clandestinamente su un due alberi in traversata solitaria dell’Atlantico. In una notte di tempesta.

La navigazione prosegue. Sul mare appaiono chiazze marroncine di natura ignota. Col pretesto di osservare più attentamente questo mistero biologico ci accaparriamo un posticino mica male sulla balaustra, vista oceano, soleggiato e ampiamente ventilato, dotato di tutti i servizi essenziali. Sembra essere il preludio alla nostra disfatta, una semplice manovra di avvicinamento alla nostra destinazione finale, il contest di spantasso in lungo con gli altri naviganti della domenica. Eppure la manovra riesce: il vento in faccia e la bizzarra colorazione delle onde ottengono l’effetto di farci dimenticare il devastante rollio a cui siamo sottoposti, e la nostra condizione ne beneficia. In compenso non c’è verso di venire a capo del mistero delle chiazze sull’oceano. Le uniche ipotesi plausibili sono:

a. Davanti a noi c’è una petroliera che sta scaricando in acqua il suo prezioso carico.
b. Davanti a noi c’è un altro traghetto, e quel che vediamo è il risultato dell’ennesimo aperitivo offerto ai passeggeri.



Abbiamo dovuto rientrare in patria e affidare i nostri dubbi ad Internet per scoprire l’inghippo. In pratica la misteriosa marea rossiccia è circoscritta a questa particolare zona e periodo dell’anno. Stiamo infatti parlando di coralli e della loro simpatica modalità di riproduzione. In termini tecnici questa è altresì nota come riproduzione sincrona di massa. “Fra un periodo che varia da ore a giorni, molte specie liberano i loro gameti contemporaneamente. Questo è chiamato"swamping" (inondazione). I pacchetti uovo-sperma galleggiano e formano macchie sulla superficie d'acqua che può andare alla deriva per giorni, allontanandosi così molti chilometri dal luogo di rilascio. Galleggiando così insieme, dopo la rottura dei pacchetti d'uovo-sperma, la probabilità che la fertilizzazione avvenga è più grande e interessa un’area molto estesa”. (www.reefkeeping.com)

Quante cose belle abbiamo appreso in Australia!

mercoledì 10 febbraio 2010

Capitolo 49 Duello sul ponte.

Sarà che sono le sette del mattino, sarà che come realtà è assolutamente piccina, ma l'aeroporto di Gladstone mi appare come un posto deserto ed inospitale. Siamo arrivati prima noi di tutti gli impiegati dei vari negozi al suo interno. Ci accomodiamo sulle poche poltroncine, in paziente attesa del nostro trasporto verso l'imbarco. Lentamente inizia a fiorire anche la vita attorno a noi. Il bar apre i battenti, i rappresentanti delle varie agenzie di noleggio auto entrano e vanno a fare gli splendidi a turno con la barista, addirittura qualche uomo d'affari in inappuntabile giacca e cravatta si azzarda fino alla biglietteria. Ho finito le immagini per dire che “non ci è passato nulla” fino all'arrivo del pulmino. In compenso poi le emozioni non sono affatto mancate. Già la nostra driver è un personaggio non da poco. Bionda, affabile come un calzino sudato, guida con l'eleganza di chi ha saltato la spiegazione a scuola del concetto di traffico, pedoni e altri veicoli. E siccome tutto quello che potremmo chiedere al nostro passaggio è di ponarci sulle poltroncine e di chiudere gli occhi, affidandoci ad un autista attento e discreto, ecco che ci tocca scrutare la strada sperando che non capiti nessuno a tiro della pazza. In più, conscia di renderci un servizio impagabile, l'improponibile si appropria di un microfono e inizia a deliziarci con le meraviglie della cittadina. Che sono ben poche, ma lei ce le decanta a voce talmente alta che è impossibile annoiarsi, figurarsi pisolare. Quindi tutti svegli e incazzosi fino al porto, tutti tranne Barbara. Però io adesso so per filo e per segno le principali fonti di reddito di Gladstone (fanno i cucchiaini per le coppette gelato a Gladstone, lo sapevate?), e che la nostra cara anfitriona si chiamava C. ed era una neozelandese trapiantata lì da x anni. Mia moglie invece tutto questo non lo ricorda. Ben le sta!

Goin' my way

Ma la parte più dura del nostro procedere verso i paradisi tropicali deve ancora arrivare. Dopo il logorroico ed incomprensibile tassista di Brisbane, il volo notturno e la sosta forzata in aeroporto a Gladstone, dopo la simpatia e il calore umano della driver neozelandese, ci accingiamo spavaldi ad affrontare la traversa dell' oceano fino a Heron Island. Due ore di traghetto attraverso prima una tranquilla laguna, poi il caro e vecchio Pacifico. Sebbene il sole picchi decisamente troppo, scegliamo intrepidamente di rimanere sul ponte di poppa, un po' perché sottocoperta si rifugiano tutte le famigliole con bimbi di ogni età, un po' perché l'esperienza ci ha insegnato che in mare il nostro stomaco gradisce di più l'aperto. Davanti alla nostra panchina si insinuano tre giovincelle anglosassoni nei modi e nell'aspetto. Scatta la competizione. Dopo mezz'ora di viaggio la ciurma si esibisce in un goccio di sparkling wine offerto dalla compagnia. Sarà che non è ancora mezzogiorno, sarà che sono in clima da sfida, rifiuto gentilmente ma con fermezza. Le nostre tre dirimpettaie buttano giù il bicchiere con consumata abilità. All'interno vige un atmosfera da “Ma che bell'idea, che male vuoi che faccia un goccetto, anzi ci voleva con questo caldo...” La più scafata delle tre grazie, minigonna impegnativa su polpaccio importante inforca un Ipod e gioca la carta patatine tascabili in aggiunta al vinello. Sembra giovane ma evidentemente qualche piacere della vita se l'è già concesso. Mi piacerebbe capire quali le mancano ma mia moglie non è molto dell'idea. Ok, non si familiarizza con il nemico. Dopo un'ora di traversata dal nostro punto di osservazione non possiamo non notare come l'onda dell'oceano abbia prodotto dello sconquasso nelle viscere dei passeggeri sottocoperta. La ciurma si esibisce nel famoso balletto “porta i sacchetti di carta e ritirali riempiti”. Sono sempre di più le anime candide, dai volti ancora più candidi che escono a prendere una boccata d'aria fresca. Situazione delle tre ragazzotte: il boss sgranocchia crackers con l'aria annoiata. La brigante di destra appare provata ma resiste stolida al fianco del capo, negli occhi la battaglia fra il non ricevere biasimo, e il desiderio “viscerale” di rivedere la sua posizione sul vino frizzante. La brigante di sinistra invece è spatasciata a metà via fra una scialuppa di salvataggio e la balaustra che dà sul liberatorio oceano. Situazione famiglia Bonazzi: iniziamo ad essere provati.

lunedì 1 febbraio 2010

Capitolo 48 Tassisti di notte


Per fortuna che esiste il servizio di sveglia in camera, altrimenti, se fosse dipeso da me, il ca..o di aereo per la ca..o di isola dove dobbiamo andare poteva decollare tremila ca..o volte! Ho sonno, sono le 3.00 del mattino, non ho nemmeno fatto a tempo a capire che razza di letto ci avessero dato che già l'ho dovuto abbandonare. Meno male che in un attimo di lucidità avevamo già saldato il conto della stanza, perchè se dovessi fare di conto adesso sarei in grado di rimetterci il patrimonio senza troppi problemi. In realtà sarebbe da erigere una statua alla cara ragazza che ci ha accolto in serata, che oltre a farci il conto e fissarci il taxi, si è anche assicurata che il genio del suo collega del turno di notte riuscisse a chiamarci all'ora prefissata. Impresa che ritengo non di poco conto, dacchè seduto sul medesimo divanetto alla reception riesco ad intravedere un ragazzetto di non più di vent'anni totalmente rapito da quello che ritengo essere il canale erotico via cavo. Circondato dai miei troppi bagagli, mentre attendo il taxi e accarezzo la moglie che si è riassopita istantaneamente, penso a quanto sforzo dev'essergli costato abbandonare la poltrona e il confortevole porno per venire a tirarci giù dalla branda. La vita è un ca..o di inferno ragazzo mio, è giusto che tu lo sappia da subito!

Con il concetto che in questi casi è l'uomo che deve vegliare su ciò che gli è caro, Barbara non ha mobilitato tutto il reparto neuroni in dotazione, e si mantiene in uno stato semivegetativo per tutto il tragitto verso l'aeroporto, lasciandomi in balia del tassista. Peccato, perchè l'inizio era stato promettente:

200 kg di tassista: “Where are you going?”

La bella addormentata sul posto: “Yes!”

A quel punto ho dovuto prendere in mano le redini della conversazione, e mentre Barbara tornava con tutta la mia invidia fra le accoglienti braccia di Morfeo, mi sono sorbito mezz'ora di sproloqui del panzone buontempone. Non ho assolutamente memoria del colloquio intercorso, spero non si trattasse di nulla di così fondamentale, ricordo solo una terrificante pronuncia e una parlantina a mitraglietta che mal si conciliavano allo stato semi-catatonico in cui versavo. Alla fine in aeroporto ci siamo arrivati, e pure in perfetto orario, quindi immagino di essere stato sufficientemente chiaro, almeno al momento di indicargli la direzione. Tutto il resto, come si suol dire, è storia.