martedì 28 aprile 2009

Capitolo 26 L'ammirevole Admiral’s Arch

Smaltita la delusione per il mancato appuntamento con l’ornitorinco, pianifichiamo sulla cartina il nostro percorso. In realtà c’è ben poco da scegliere. Tra sentieri chiusi per vari accoppiamenti o per ragioni di restauro, e la tempesta perfetta che è pronta per scatenarsi, scegliamo l’unica alternativa possibile e scendiamo in visita all’ Admiral’s Arch. Tendenzialmente sono refrattario a perdermi nelle dettagliate spiegazioni di una guida o di un pieghevole all’ingresso. Preferisco di gran lunga la sorpresa. Quindi percorro baldanzoso la passerella, che dal parcheggio in cima alla rupe conduce in basso verso l’oceano, finchè alle mie narici arriva un puzzo che mi è già familiare. Non ditemi che l’unico sentiero percorribile mi porta ad un'altra colonia di foche! L’unico animale che avevo già visto!


E’ tutta questione di prospettive. Se ieri, o anche un mese fa, un anno fa, mi avessero detto: “Visiterai due colonie di foche.” sarei stato entusiasta. Adesso mi sento un po’ beffato dal destino. Scendiamo dalla macchina e ci infiliamo le giacche a vento immediatamente. Che sfortuna, piove! It's a hard life!Realizziamo che tecnicamente non è che stia proprio piovendo. La lingua di terra su cui camminiamo declina dolcemente verso il mare, formando un sottile promontorio scoglioso. La furia degli elementi ha scavato le rocce, creando un anfiteatro naturale dove riposano i pinnipedi. Le onde si infrangono sugli scogli, il vento forza 7 cattura gli schizzi e ce li sbatte in faccia parecchi metri più in alto. Il bello è che mentre le foche dormono pacifiche e rilassate, come se l’infuriare della natura non le riguardasse, gli sventurati umani devono ricorrere a impermeabili e cappelli per non inzupparsi, una battaglia comunque perduta.


Nonostante il clima avverso siamo fra i temerari che tengono duro Clima mite e temperatoe scendono fino all’ Arco dell’ Ammiraglio. Bello, niente da dire. L’oceano ha scavato tutto sotto il promontorio, fino a sbucare dall’altra parte, formando un arco di rocce che dà il nome alla località. Praticamente abbiamo camminato su una striscia di terra sottile come una sfoglia, sopra uno strapiombo erto di rocce aguzze, in balia di vento e pioggia per vedere le foche da molto più distante rispetto a stamattina. Facciamo due foto ricordo e scappiamo via.


The storm is coming..Ci tuffiamo in auto, finalmente al riparo dagli elementi. Prima di uscire dal parco prendiamo un altro sentiero, un po’ troppo scosceso per la trazione del nostro mezzo, ma almeno ci permette di godere la visuale del promontorio da posizione più elevata. L’immagine di Cape du Couedic, con il suo maestoso faro che si erge in mezzo al nulla, circondato solo da nuvole minacciose rimarrà scolpita nella mia memoria a lungo.

mercoledì 15 aprile 2009

Capitolo 25 L’accoppiamento del Platypus

Dal parco delle foche ci muoviamo verso sud, in direzione di Flinders Chase. Il paesaggio è spettrale. Gli incendi hanno devastato la parte meridionale dell’isola, qualche solitario albero carbonizzato è quanto rimane di quello che poteva essere una rigogliosa boscaglia.
Drammatico? In realtà, come mi spiega la Dott. Zecchin, "molti (purtroppo non tutti, visto che i recenti eventi hanno dimostrato che i piromani ci sono anche in Australia!) di questi incendi sono programmati e appositamente causati da quello che è l'equivalente del nostro Corpo Forestale. Ora, se si ha anche solo una minima idea del vento che spira costante in quelle zone, questa pratica può sconcertare parecchio. A quanto pare però anni e anni di esperienza hanno permesso ai rangers di capire quando, dove e come appiccare gli incendi, se vogliono che questi abbiano una funzione benefica per la natura, e non devastante. E benefica molto più che in altri ambienti, perchè qui il fuoco non solo fertilizza i terreni, ma soprattutto è elemento fondamentale per lo sviluppo di certe piante, che proprio dal fuoco dipendono per alcuni passaggi importanti dei loro cicli. Per es. la Yacca, buffissima pianta nota per il suo enorme ciuffo di foglie che ce l'ha fatta soprannominare "cugino It", con gli incendi sprigiona un gas che ne stimola la fioritura...madre natura è proprio incredibile! "
Il parcheggio del parco è posto sotto a degli enormi eucalipti. Nonostante nuvole minacciose siano in arrivo dall’oceano, l’ombra delle fronde e la quiete del luogo formano il rifugio ideale per chi, come noi, è alla ricerca di un posticino tranquillo in cui consumare un modesto pranzo. Mentre Barbara si documenta sulle guide io vengo rapito dalla pace del luogo e, inclinato il sedile quel che basta, infrango il sacro silenzio che ci circonda con un russare misurato e armonico.

Cape du CouedicPurtroppo tutti i momenti più belli sono destinati a finire, e Barbara, dopo aver mandato a memoria ogni singola riga sul parco, decide di porre fine alla mia pennica e di trascinarmi in mezzo alla natura selvaggia. All’ingresso perdo subito mia moglie, che mi lascia in coda a versare il giusto obolo e a larghe falcate si dirige verso il centro informazioni per riempire quelle poche lacune che lo studio compulsivo di otto guide le hanno lasciato. La ritrovo con un libro di piante locali, con cui certo non è entrata, mentre smanetta su di un touch screen di nozioni botaniche. Ora, l’intero concept del giro informativo è studiato per i bambini: i seggiolini sono ad altezza bimbo, le manopole e i pulsanti dei vari schermi sono colorate e accattivanti, le gigantografie dei dinosauri e delle piante sono sistemati all’interno di un piacevole percorso didattico immediatamente comprensibile ai più piccoli. Ed infatti, alle spalle della mia invasata consorte si è formata una coda di 10 – 15 scolaretti, ordinatamente in attesa che la bambina più grande ceda loro il posto.

La strada principale del parco è anche l’unica che porti all’estremo sud dell’ isola. Da lì partono diversi percorsi tematici, ognuno dei quali ti permette di incontrare una particolare specie animale. Purtroppo la stagione degli amori e della deposizione di uova degli ornitorinchi è già iniziata, e, per motivi di privacy, il loro sentiero è chiuso. Ecco, lo sapevo. Se c’è un animale che ero veramente curioso di vedere, questo era l’ornitorinco. Già in natura è tutt’altro che facile osservarli, addirittura impossibile se non in questo continente. Arrivare in capo al mondo e trovarsi i percorsi a loro dedicati chiusi per accoppiamento è veramente una beffa.

martedì 7 aprile 2009

Capitolo 24 W la foca! (Non poteva che essere questo..)

Incalzato dalle domande talvolta pertinenti della mia signora, il ranger ci confida che la manovra per avvicinare i turisti alle foche è iniziata negli anni ’70. Sono quasi quarant’anni da che hanno iniziato ad abituare queste simpatiche bestiole alla presenza dell’ uomo. Grazie a questo decennale percorso, noi, fortunati mortali, possiamo penetrare nel loro habitat senza infastidirle in alcun modo. Seal Bay Conservatory ParkCon la voce rotta dall’emozione Barbara prova a spiegarmi quanto un progetto di questo spessore scientifico sia assolutamente all’avanguardia (ma dai??) non solo per il nostro arretrato paese, ma probabilmente anche per altre realtà più, naturalisticamente parlando, avanzate. La bellezza struggente del paesaggio selvaggio e la magnifica esperienza che sto vivendo, mi portano a formulare quello che potrebbe essere un pensiero intelligente. L’osservazione e lo studio delle foche, delle balene, dei pinguini e i vari progetti di salvaguardia dei loro ambienti qui in Australia è partita prima rispetto ad ogni altro paese. Quando visiteremo l’isola delle tartarughe marine verremo informati che i primi approcci scientifici verso questi rettili risalgono addirittura ai primi anni ’50. Ma perché noi no? Perché noi non abbiamo mai messo in piedi opere di questo rilievo? Perché noi non abbiamo le foche! Semplice. Ma questa spiegazione non regge. La realtà è che negli anni ’50 avevamo ben altro a cui pensare. Non solo l’Italia, tutta l’Europa era da ricostruire. Non avere avuto la guerra sul proprio suolo ha permesso ad americani ed australiani di partire prima di tutti gli altri con i progetti di salvaguardia ambientale. E i risultati sono lì da vedere.

Le foche giocherellano a non più di 5-10 metri da noi. I cuccioli dormono beati. Qualcuna, più audace, si getta nell’oceano alla ricerca di uno spuntino. Se proprio devo trovare una nota negativa, devo rilevare che l’odore di grasso di foca, unito a quello di pesce che il vento ci getta addosso non è proprio il massimo della vita.Family portrait with seagull Ma è un disagio veramente minimo rispetto allo spettacolo che stiamo vivendo. I maschi adulti litigano fra loro per la conquista di qualche femmina. Sono talmente presi dal ferormone che di sicuro non fanno caso a noi. Comunque preferisco allontanarmi, non sia mai che un maschio alfa dominante mi veda come una minaccia per il suo pinnato harem. Alle nostre spalle una mamma col suo cucciolo scende verso il mare per una rinfrescante nuotata. Siamo in mezzo alla sua traiettoria, quindi le cediamo il passo. Goffamente i pinnipedi passano tra di noi, mentre ne osserviamo il mantello, nuovo e lucente quello del cucciolo, screziato e segnato dalle mille battaglie in mare quello della madre.

Lasciamo la spiaggia e riprendiamo il sentiero verso l’entrata del parco. D’un tratto le persone innanzi a noi tornano ad abbracciare le macchine fotografiche e si affollano verso un cespuglio. Immagino si tratti di un wallabee come quello che ho visto in precedenza, e mi sporgo curioso. Una specie di iguana, con un bel mezzo metro di coda lunga e dritta dietro di sé sfreccia in mezzo al sentiero e scompare dietro un masso. La guida, scocciata, ci invita a proseguire, in fondo “It’s just a lizard!” . Povero ranger, lavorare quarant’anni per portarci ad accarezzare le foche e poi vedere i tuoi turisti fotografare, con la stessa passione, una “semplice lucertola”. Rispetto il tuo punto di vista, e ammetto che un tale atteggiamento possa dare fastidio. E’ solo che una “semplice lucertola” di un metro io non l’avevo mai vista!

giovedì 2 aprile 2009

Capitolo 23 Kangaroo Island for Dummies...

Non era nei miei piani buttarmi selvaggiamente su di un povero canguro e divorarmelo, ma qui si usa regolamentare la specie, altrimenti troppo numerosa ed invasiva. Un po' come fanno sui nostri monti con i caprioli. E le analogie con gli ungulati nostrani non si fermano a questa. La forma del muso e delle orecchie è molto simile, come simile è il rischio di cecchinarli con l'auto di notte lungo le strade. In più, fatti in umido o trasformati in spezzatino e accompagnati da una fumante polentina, entrambe le specie mantengono quel retrogusto selvatico che non va via nemmeno con mezzo litro di rosso generoso e onesto. Dal momento che anche mia moglie ha avuto il suo bel daffare nell' estinguere quelle che sul menù venivano indicate come costine di maiale, mentre nella realtà erano non meno di un intera cassa toracica di porcello adulto, salire in camera e annegarci di camomilla ci sembra il minimo che possiamo fare per i nostri sconvolti apparati digerenti.

Il giorno seguente ci mettiamo in pista di buon ora. La prima tappa ovviamente la facciamo...dal panettiere! Mentre facciamo colazione non possiamo fare a meno di notare che la bakery in questione divide i locali con un'edicola, e che il nostro tavolino è posto giusto nel reparto riviste da sposa. Nonostante ormai si sia già dato, impiego parecchio tempo per trascinare Barbara fuori di lì. Mi butto alla ricerca del pellicano che ho visto ieri sera, e che ho visto ammarare poco lontano dal nostro albergo. Arriviamo al vecchio molo del paese, sotto il quale hanno trovato rifugio numerosi gabbiani e cormorani, intenti ad asciugarsi le ali al pallido sole. Pellicani nemmeno l'ombra, eppure sono sicuro di averlo viso volare in questa direzione. Magari sono usciti in cerca di cibo, mica tutti gli animali possono fermarsi ore in panetteria a guardare abiti da sposa! Procedo testardo verso un'insenatura poco più innanzi. Australian PelicansIl vento gelido e la scarsa fiducia nelle mie capacità spinge Barbara a barricarsi in macchina. Stavolta però ho ragione io. Ecco il pennuto! Anzi i pennuti. Ci sono quattro pellicani intenti al cazzeggio sugli scogli. Appena mi vedono iniziano mettersi in posa, anzi protestano finché non convinco anche la mia riluttante signora a venire ad osservarli da vicino. Ci avevano detto che è facile vedere ogni tipo di animale, ma qui si esagera!

Lasciamo i vanesi pennuti e ci avventuriamo verso il sud dell'isola. La nostra meta è il Seal Bay Conservatory Park, e ci sentiamo vagamente eccitati all' idea. Su quest'isola è infatti possibile visitare un'intera colonia di foche tenendosi a non più di dieci metri di distanza. Il parco comprende due tipi di percorso. Il primo, più agevole e aperto al pubblico non ti permette di scendere alla spiaggia, ma solo di vedere dall'alto i luoghi dove riposano questi pinnipedi. Il secondo, in compagnia di un ranger e dietro adeguato compenso, ti mena fino al cuore della colonia. Non sono venuto sin qui solo per scattare foto panoramiche, quindi mi separo volentieri dei dollars richiestimi e mi prenoto per la gita col ranger.Wallaby Mentre attendiamo la partenza del nostro tour guidato, proviamo a mascherare l'impazienza facendo il giro panoramico. Non si vede poi molto, ma già constatare che sotto di noi nuotano le foche ci mette di ottimo umore, e ci affrettiamo al randez vous. Già pregusto una serie di sketches gagliardi a base di cestini da picnic e di me che chiamo Bubu la mia dolce metà, quando la mia attenzione viene attratta da qualcosa che si muove sotto un cespuglio. Una clamorosa botta di fortuna. Una femmina di wallaby con tanto di cucciolo! Fantastico! Sono talmente emozionato che quasi mi perdo la partenza del tour verso la spiaggia. Poi realizzo che mia moglie ha già iniziato a tempestare il ranger di domande prima ancora di aver visto una sola foca e, a malincuore, abbandono i microscopici marsupiali.