mercoledì 4 marzo 2009

Capitolo 16 Quando isolarsi è una necessità

A questo punto ci si aprono due possibili scenari. Proseguire il nostro viaggio sino alla prossima tappa, prendendosela molto comoda e godendosi ogni istante del tragitto, oppure tornare un po’ indietro e andare alla scoperta dei luoghi che non abbiamo potuto visitare nella nostra corsa di ieri. Emu al pascoloLa distanza che ci separa da Robe, la nostra prossima destinazione, è di soli 200 km, dunque tutto è fattibile. La seconda prospettiva mi attira parecchio. C’erano alcuni scorci che sembravano promettenti e mi attira l’idea di esserci molto più vicino adesso che non in qualsiasi altro istante della mia esistenza.


Mi frena l’idea di dover ripassare da Mt. Gambier. No grazie. Preferisco lasciarmelo definitivamente alle spalle. Accendo l’Ipod e la musica si diffonde lungo tutto l’abitacolo. Un piccolo passo per l’uomo, un passo enorme per l’umanità. Partiamo col sorriso sulle labbra e ci dirigiamo verso la più conosciuta attrazione turistica della zona, The Blue Lake. Ho deciso di far pace con la guida turistica e fidarmi di nuovo di quanto riporta, anche se l’ultima volta non è andata troppo bene. Saliamo la collina che domina la città. Le nuvole ci scortano e la giornata è grigia. Il lago invece è blu. Ma blu fisso. Un blu elettrico innaturale, una colorazione così intensa e anomala che ci lascia a bocca aperta. Si tratta di un fenomeno particolare che si verifica ogni primavera: il colore dell’acqua vira verso un bel blu deciso, facendosi finora beffe di quanti, fra geologi, biologi, astrologi e compagnia bella, hanno provato a risolverne il mistero.

The Blue Lake


Da Mt Gambier scendiamo verso sud-ovest fino a rincontrare la costa. Ci facciamo circa quaranta chilometri in più rispetto alla tabella di marcia solo per andare a vedere l’ennesimo faro. Arriviamo a Carpenter Rocks, un paesino di pescatori con più barche che case. E un bar che svolge anche le funzioni di internet point. Expect the unexpected! Se il faro è una grossa attrazione turistica qui lo nascondono bene. Quaranta chilometri di strada in mezzo al nulla solo per arrivare al paese. Da qui si intraprende una scoscesa stradina sterrata. Il vento spazza ogni tentativo di crescita naturale oltre la dimensione cespuglio. Inoltre porta ampie porzioni di spiaggia sulla stradina. Ricapitolando: la giornata è freddina, le nuvole non promettono niente di buono, siamo in mezzo al nulla, il telefono non prende e il sentiero è più adatto a dei muli che non ad una macchina larga e non dotata di adeguate ruote motrici. Barbara insiste perché si torni indietro. Credo che abbia ragione. Quindi procedo. Chi non risica non rosica.

Il faro è il più brutto di quelli visti finora. C’ è una bellissima spiaggia, ma il tempo sconsiglia di usufruirne. Peccato. Il ghigno di mia moglie è quanto di più vicino ad un “Te l’avevo detto!” si possa esprimere senza parlare. Mi allontano da Carpenter Rocks masticando una considerazione. Certo che i guardiani di fari, quegli individui socialmente disturbati e amanti dell’ isolamento totale, qui in Australia devono aver trovato la loro dimensione ideale.

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