lunedì 19 gennaio 2009

Capitolo 4: Guida a destra e altre amenità

E’ inutile negarlo. Sono nel panico. Vero. Mr. Hertz mi consegna le chiavi della mia nuova macchina, una Toyota corolla grigio chiaro, il nostro cocchio nel nostro tour nel South Australia. Uno dei parcheggiatori dell’autonoleggio mi sposta le macchine da davanti. Apro la portiera. Primo errore. Mi frega la forza dell’abitudine. Guida a destra, Nicolò, guida a destra. Entro dalla parte giusta. Meno male, il cambio è automatico. Un problema in meno, e neanche di poco conto. Metto in moto. Affronto la rampa. Raccatto mia moglie che mi attende trepidante sul marciapiede. M’immetto nel traffico di Melbourne. Tre milioni di abitanti che vanno in senso contrario al mio sapere. Sono teso come una corda di violino. Il problema grosso è azionare la freccia. E’ posta anch’essa specularmente rispetto a quanto appreso alla scuola guida. In pratica, ogni volta che devo effettuare un cambio di corsia, aziono immancabilmente il tergicristallo. E taglio la strada a chi mi segue senza dargli il minimo avviso delle mie intenzioni. Meno male che gli australiani sono cortesi e non mi insultano, almeno non palesemente. Sono teso. Stringo il volante con forza eccessiva e lancio sguardi disperati in ogni direzione. Sono in centro alla città , devo uscirne e raggiungere l’autostrada. Un gioco da ragazzi. Basta non svoltare a destra. La svolta a destra è il male assoluto. E le rotonde al contrario, l’equivalente della famigerata roulette russa. Che stress!

E’ che maschero bene. Retaggio degli anni dell’università, lo stress degli esami. Arrivavo in facoltà terrorizzato, coscienza sporchissima, preparazione lacunosa a dir poco. Poi trovavo i miei colleghi, i miei compagni di esecuzione. Ognuno tradiva la propria tensione in modo diverso. Quelli che fumavano una sigaretta dopo l’altra si trovavano in cortile, in qualsiasi stagione e con qualunque tempo. Quelli che per distrarsi devono parlare si riunivano in capannelli, pontificando su qualsiasi argomento. Ma i più temibili per me erano quelle, predominante maggioranza femminile!, che ripassavano in gruppo. Tu passavi vicino a uno di questi gruppi di studio last minute e l’angoscia ti coglieva immediatamente, assieme agli spezzoni di conversazione. Io, troppo orgoglione per mostrare la mia orrenda coda di paglia, ostentavo una sicurezza che non potevo possedere. Faccia da consumato giocatore di poker, muscoli tesi per non rivelare tremori indicatori, giravo fra i conoscenti dispensando tranquillità col solo mio incedere. “Ma come fai?” Era la domanda che più mi riempiva di ingiustificato orgoglio. Chiaro che poi i nodi venivano al pettine appena uscivo dall’aula, col mio bel libretto intonso e l’amara sensazione dell’ennesimo buco nell’acqua.

Questo è proprio ciò che sta accadendo ora. Devo manifestare una tranquillità che non possiedo per tranquillizzare mia moglie. Non devo darle segnali di non essere in grado di portare a termine la missione. Sono due giorni che non dormiamo all’idea di dover guidare. Cioè, in realtà non dormiamo bene perché il jet lag ci sveglia puntualmente alle 5 del mattino, che è un ottimo orario se vuoi veder sorgere l’alba sulle spiagge di un’isola tropicale, ma è fastidiosamente inutile se sei in una camera d’albergo umida ed afosa. Però, una volta svegli, l’idea di dover affrontare il traffico in un senso di marcia a cui non siamo avvezzi non facilita la ripresa del sonno. Barbara è completamente sepolta in una carta stradale, urla indicazioni sconnesse nel tentativo di farmi uscire dalla città svoltando solo a sinistra. In pratica, per uscire da Melbourne da Nord passiamo prima per tutti e tre gli altri punti cardinali.

1 commento:

  1. Dato che poi ti lamenti che non ti voglio bene...

    Questo capitolo mi ha fatto molto ridere.

    Mi immagino la scena: tu tutto agitato e teso, mani inchiodate sul volante, gocciolina di sudore e tic all'occhio, che concentratissimo fai per mettere la freccia e parte il tergicristallo, con cristone annesso.

    :D

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