Ho già detto che vivo in un mood tale per cui ogni cosa che vedo mi sembra meravigliosa? Ma per quanto uno si sforzi di mantenere un umore più che positivo, c’è sempre qualcosa che deve andare storto. Non è solo il concetto più famoso della cosiddetta Legge di Murphy. E’ un assioma, una verità assoluta. Nel nostro caso l’elemento di disturbo nei nostri primi movimenti lungo la Great Ocean Road sono state le mosche. Il sud dell' Australia è zeppo di mosche. Appena esci dalla macchina, ti assalgono in stormi, si posano in ogni dove e ti assaggiano senza ritegno. Drammatico. Il vento non le spaventa minimamente, ragione per la quale si genera un curioso paradosso: noi usciamo bardati fino al mento, con giacca, occhiali fascianti e berretto. Sui due centimetri di pelle che non proteggiamo dalla "brezza" oceanica, si danno appuntamento tutte le mosche del circondario. Ma che ci importa, sono mosche australiane, sopportiamo con un sorriso pure questo. Ecco, magari non un sorriso troppo aperto, altrimenti ci si infilano dentro!
Un altro aspetto divertente, è che ci sono molti più cartelli stradali che non macchine. Gli australiani segnalano tutto, scorci panoramici, cittadine, fari, tutte le attrazioni che un turista potrebbe desiderare vedere, e lo fanno con grande anticipo e con dovizia di cartelli. Sembra quasi uno spreco, considerando che le automobili che incontriamo, in entrambi i sensi di marcia, si contano sulla punta delle dita. In ogni caso procediamo senza fretta verso Lorne, la nostra prima tappa, scegliendo random cosa vedere lungo il tragitto. Tendenzialmente scelgo i fari. Mi piacciono i fari, sono facilmente fotogenici e ce ne sono in abbondanza da queste parti.
Grazie a questo sistema empirico, freccia a sinistra e svolta ad ogni segnalazione di faro, ci godiamo il bellissimo scorcio di Aireys Inlet. Barbara a momenti perde un orecchino, nel vano tentativo di sbarazzarsi di una mosca più invadente delle altre. Dall’ alto di un albero, un enorme pappagallo ci osserva divertito. Siccome in Australia sono molto più civili di noi, nei centri abitati non ci sono piccioni, bensì pappagalli. Di ogni specie, di ogni tipo e colore. Immaginatevi Piazza S. Marco a Venezia, con i turisti che danno il mangime ai pappagalli, invece che ai colombi. E’ tutto un altro mondo.
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