Il mio umore si unisce in un bizzarro gemellaggio al tempo meteorologico, ed entrambi peggiorano appena parcheggiamo. Dopo giorni in cui interagiamo solo con poche e selezionate
persone, trovarmi all’ improvviso in mezzo alla super mega attrazione turistica dello stato, oltretutto di sabato mattina, mi piglia malissimo. Trascinato dalla moglie, e da un’innegabile curiosità, supero il mio disprezzo per il genere umano e scendo il sentiero che porta alle piattaforme. I “Dodici Apostoli” sono bizzarre formazioni rocciose, che la lenta e costante erosione dell’oceano ha separato dall’ originaria terraferma. Il forte vento da sud e le intemperie li hanno successivamente modellati in varie forme e dimensioni. Il colpo d’occhio è indubbiamente suggestivo. Questi pilastri di terra rossiccia che si stagliano sull’oceano blu e verde, di fronte all’aspra e selvaggia terraferma meritano tutta la loro fama.
Nonostante il vento faccia del suo meglio per rovinare le inquadrature e le pettinature, non si riesce a fare due passi senza interrompere l’idillio di centinaia di coppiette intente a farsi fare orrende foto ricordo. Ed io, che già accarezzavo l’idea di gingillarmi con qualche esposizione lunga o altri trucchetti del genere, devo rinunciarvi a causa del sovraffollamento del luogo. Sto già maledicendo tutti i presenti in ordine decrescente quando Barbara mi strappa la Canon dal collo (Oddio!), la lancia ad uno dei 300.000 cinesi in gita qui, mi abbranca in presa sicura e mi trascina a farmi fare la peggior foto di tutta la vacanza. Signore, perché io???
Per rimettermi da questa dolorosa esperienza mi chiudo in bagno a riflettere. Non siamo ancora a metà percorso, dobbiamo ancora pranzare e gli scorci da vedere sono decisamente troppi. Evitando quelli più affollati, e concentrandosi solo su quelli più isolati, dovremmo riuscire ad arrivare a Mt. Gambier prima dell’imbrunire. Questi arguti pensieri vengono interrotti dall’entrata contemporanea alle toelette dell’ennesimo nugolo di cinesi. Ora, io non ho nulla contro questo popolo, ma mi pare fuori di dubbio che il loro raschiarsi di continuo la gola, unito allo scaracchiare perpetuo non siano proprio il modo migliore per attirarsi simpatia, soprattutto fuori dal loro grande paese. Esco dal bagno con l’impressione di aver assistito alle prove di un grande concerto, a cui però non intendevo partecipare. Monto in macchina e scappo sgommando.
Evitiamo un congruo numero di attrazioni turistiche solo dando un’ occhiata al parcheggio. Se è pieno non scendiamo neppure. La costa è bellissima, frastagliata e flagellata dal vento, con scogliere assassine disseminate tutto davanti. L’equivalente dell’inferno per le prime navi che qui tentavano un approdo. Per ogni avvenuta tragedia del mare oggi c’è un ovviamente ampio parcheggio, un ceppo commemorativo, una piattaforma artificiale da cui scattare milioni di foto. Non fa per noi. E poi dobbiamo arrivare a Mt Gambier! Con una finta di sopracciglio mando i tre pullman di cinesi, che ci seguono sin dai Twelve A. , dentro uno di questi parcheggi, mentre io e la mia donna filiamo verso la libertà.
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