lunedì 25 gennaio 2010

Capitolo 47 Benvenuti ai tropici!

La prima cosa che ci colpisce di Brisbane è il cambio di clima. Siamo partiti in un ventilato pomeriggio primaverile da Sydney, e ci si era vestiti di conseguenza. In più abbiamo preso un aereo, che significa un importante bonus di felpa e giacchetta per sfuggire ai rigori dell'aria condizionata. Scendiamo dalla scaletta dell'aviomobile e subito mi rendo conto che ci sarà da soffrire. Ma rientro immediatamente in zona recupero bagagli e il microclima aeroportuale mi ricongela immendiatamente i foschi pensieri. Da lì si prende subito un comodo treno per il centro, quindi l'impatto brusco con il clima tropicale della città lo avvertiamo solo quando ormai siamo alla stazione. Faccio solo a tempo a togliere la giacca, siamo carichi di borse e zaini e aprirne uno in mezzo alla strada per cavarne maglietta e infradito sarebbe gradito ma ahimè, assai poco agevole. E siccome disagio chiama disagio, sono solo le 20 di sera e già ogni negozio, bar e catena di fast food della stazione sono ben chiusi e sprangati. Siamo nei guai.

A Brisbane abbiamo stabilito di fermarci solo poche ore, abbiamo l' aereo per Gladstone alle 5.30 del mattino, in pratica cenare, dormire un paio d'ore e prendere un taxi per l'aeroporto sarà la nostra massima concessione alle bellezze di questa città. E siccome assieme al pernottamento non è inclusa la cena, il trovare già i locali chiusi alle otto di sera rischia di farci saltare inopinatamente la prima parte del nostro piano. Quindi ci tocca correre all'hotel, a “soli” tre isolati dalla stazione, trascinandoci dietro i nostri bagagli, dal peso lievitato esponenzialmente man mano che le nostre vacanze procedono, in una nuvola di umidità che mi è familiare per i luoghi da cui provengo, ma che ero impreparato a gestire a questa latitudine.

Arriviamo all'hotel e alla receptionist si presenta una Barbara scarmigliata e in totale agitazione all'idea di saltare un pasto, al punto da dimenticare quasi interamente l'idioma locale. Il marito invece giace su uno dei divanetti all'ingresso, ansimando rumorosamente e con vistose pezzature da sudore laddove le cinghie dello zaino incontravano i troppi vestiti. Per fortuna la ragazzotta in questione è un vero angelo, un sorriso a 32 denti che spunta a malapena dal bancone, e che distoglie dal simpatico strabismo di Venere che in altri visi si sarebbe notato maggiormente. Ci piange il cuore doverle confessare che approfitteremo dei suoi servigi per pochissime ore, ci assicuriamo che ci fissi un taxi all'orario richiesto e saliamo in camera ad indossare abiti più adatti all'umido inferno che ci separa dalla cena.

E se il primo locale ci chiude le serrande in faccia, almeno il gestore ci indica un luogo dove potremmo trovare qualche punto di ristoro aperto dopo le 21.00. Corriamo all'incrocio indicato e ci troviamo in piena night life brisbanese. Una promenade di negozi e locali ad uso e consumo dei turisti. Una sorta di Via Bafile trasportata agli antipodi, frequentata da gente di ogni età e razza, mescolati fra loro in un crogiuolo di costumi dai colori accecanti e di infradito d'ordinanza. Il primo ristorante aperto che incontriamo sulla nostra rotta, guarda caso!, batte bandiera e insegne italiane. E sono ben le 21.15! Non c'è che dire, ovunque andiamo ci facciamo riconoscere come i gaudenti viveurs della notte che altro non siamo.

giovedì 21 gennaio 2010

Capitolo 46 Il passo dell'oca


Il nostro ultimo giorno nella metropoli ce lo spendiamo in shopping natalizio, girando i grandi centri commerciali di King George Street. In realtà le nostre spese sono assai modeste, poiché girare per una città che offre di tutto senza idee chiare in testa è controproducente. Finisce che passiamo più tempo ad ammirare le splendide decorazioni natalizie dei vari negozi che non a cercare con costrutto qualcosa di carino da portare ai nostri familiari. In questo delirio di disorganizzazione mi imbatto nel negozio di abbigliamento sportivo di David Campese. A chi come me è cresciuto in una cittadina veneta, a pane e soppressa, nebbia e palla ovale, spiegare il personaggio che porta tanto nome sarebbe offensivo. Ma avendo questo resoconto di viaggio l'assurda pretesa di un po' di internazionalità, almeno oltre il corso del Brenta, mi vedo costretto a scrivere giusto due righe di presentazione.

Potrei dire che Campese è stato uno dei giocatori più talentuosi che mai abbia calcato un prato verde. Un artista del rugby, recordman di segnature con la maglia della nazionale autraliana, che un bel giorno, stanco forse di spiegare gioco ai suoi conterranei decise di mettersi alla prova oltreoceano, sbarcando, fra lo stupore dei molti addetti ai lavori, nella città del Santo. E qui, come una stella del firmamento che, ottenuta la preziosa luce dal sole, inizia pur essa a sfavillare, così i giocatori in maglia nera del Petrarca, illuminati da cotanto cristallino talento, portarono alla causa energie e valore inaspettati, contribuendo a donare a Padova lo scudetto più prezioso, quello della Stella.

Ecco, questo è più o meno David Campese. Tolta la parte dei successi internazionali ovviamente. Che furono molti, ma questo al momento è superfluo. Fatto sta che il trovarmi inaspettatamente dinnanzi il suo negozio mi azzera la salivazione istantaneamente, facendomi dimenticare due cose non da poco: a) il fatto che ho girato questa città come un cretino alla ricerca di un negozio di maglie da rugby, mentre questo era semplicemente nella stessa via del mio hotel, se non dirimpetto. E b) che io e Barbara abbiamo fatto incetta di tutti i prodotti di tal foggia nei vari altri centri sportivi che abbiamo visitato, e che quindi non abbiamo alcun motivo serio per entrare. Ma la fabulazione dell'essere in viaggio di nozze colpisce ancora. Mi fisso in testa che dentro quel negozio c'è il mio idolo e devo assolutamente vederlo ancora. Mia moglie prova pazientemente a farmi osservare che si tratta con ogni probabilità di una catena, che ce ne saranno decine in tutta Sydney, migliaia in giro per il continente, e che sicuramente Mr. Campese ha di meglio da fare che non stare al bancone del suo negozio, in attesa che qualche sciroccato entri dalla porta per rompergli le scatole su quanto la sua grama vita abbia avuto almeno un minimo sussulto assistendo ad una sua partita. Non sento ragioni, io entro.

Mi precipito dalla commessa (Diamine, David non si vede!!) (Maledetta Barbara, Ha Sempre Ragione Lei!) ripassandomi mentalmente le corrette espressioni inglesi, e le chiedo dove potrei trovare il mio eroe. “Sudafrica” risponde lei tranquillamente. E' li che Mr. Campese risiede da che ha abbandonato le competizioni. Mannaggia, manco vicino ci sono andato. Pago il tributo al mio idolo fotografando mentalmente l'arredamento della bottega, le sue foto in campo, il famoso “passo dell'oca”, le varie maglie esposte, indossate da lui in avvenimenti prestigiosi, o donate da avversari di altrettanto nobile lignaggio rugbystico. Non è stato così inutile dopotutto. Se non altro sono di eccellente umore, il che rende meno duro il distacco da Sydney. E' tempo di affrontare l'ultima parte del viaggio, la settimana nell'isola tropicale. E' difficile andarsene da qui. E' veramente una città bellissima, e ci siamo trovati molto bene.

Fra una figura di merda e l'altra.

martedì 22 dicembre 2009

Capitolo 45 Trionfo di sapori

Vincendo la naturale diffidenza che i chirotteri ispirano alle donne di ogni età, ceto e provenienza, ci avviciniamo per studiare meglio lo strano connubio fra le piante secolari e questi notturni insettivori. In effetti il matrimonio pare non sia dei più felici: i pipistrelli hanno avuto inizialmente A questa meritoria azione ha fatto seguito uno spiacevole imprevisto, dovuto ad un'altra loro funzione, primaria e quanto mai necessaria..quella digestiva!

Streching my wings.. Anche per occhi poco esperti è impossibile non notare che il guano, prodotto in notevoli quantità dalle volpi volanti, sta arrecando danni gravissimi alle piante che li ospitano. Gran parte delle cime degli alberi appare infatti completamente spoglia e priva di foglie, un problema che i gestori del orto botanico probabilmente non avevano preso in considerazione al momento di concedere la cittadinanza del parco ai chirotteri un impatto più che positivo, per la loro funzione di impollinatori. Come se avessero capito che siamo troppo interessati a loro, i pipistrelli iniziano a mostrare segni di insofferenza e a lasciare i loro comodi giacigli. Del resto il sole si accinge a tramontare, è tempo di lasciare libero il loro territorio, e di andare pure noi a procacciarci del cibo. Ieri avevamo girato per i docks alla ricerca di un posticino carino per la nostra prima cena a Sydney. Si era optato per un ristorante tipico di queste parti, il “Bella Roma”. Di solito non ci lasciamo attrarre dalle lusinghe della cucina italiana quando siamo fuori dai nostri confini nazionali, ma il posto era oggettivamente interessante, aveva un tavolino libero sul patio esterno, particolare che nelle afose serate di Sydney non è da sottovalutare, e soprattutto la cameriera che ci ha tirato dentro per la giacchetta era il classico tipo al quale non è possibile dire di no.L' importante in questi casi è non farsi attrarre dalle lusinghe della nostalgia per i propri sapori natali, e mantenere un basso profilo, nel nostro caso ordinare qualcosa di non tipicamente italiano. Una saggia linea di comportamento che il cappellone oriundo nel tavolo di fianco al nostro decide di non seguire, e così, mentre si pavoneggia con la sua compagna di tavolo delle sue lontane origini penisolari, gli tocca sorbirsi la versione più annacquata e brodosa delle lasagne alla bolognese che abbia mai visto. Salmone per Barbara, bistecca per il sottoscritto. A posto così.

Oggi invece facciamo uno strappo alla regola e ci lasciamo attrarre dalla pizzeria sotto al nostro hotel. Oddio, rispetto alla simil-cartonata-surgelata che ci hanno propinato ad Adelaide, il prodotto che abbiamo degustato assomigliava assai di più al nostro piatto tradizionale. Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla location: il patio esterno è tutto esaurito, quindi ci sbattono su di un tavolino interno, a ridosso del forno, un caldo orrendo che ci toglie qualsiasi desiderio di cibo e di baldoria. Usciamo a rivedere le stelle con malcelato sollievo.

mercoledì 25 novembre 2009

Capitolo 44 I fantasmi dell’ Opera House

Dopo questa clamorosa figuraccia sentiamo la necessità di tuffarci in mezzo alla folla per mimetizzarci. Facciamo una rilassante passeggiata sulla promenade che porta all’ Opera House, per dar modo alle nostre guance di perdere il rossore diffuso. Un salto all’interno di questo celebre teatro ci permette di ammirarne l’avveniristica architettura, che peraltro non capiamo, e di apprezzarne il programma artistico dei prossimi giorni. Ovviamente nelle due serate che passiamo in città in cartellone è previsto un’entusiasmante novena natalizia, bambini vestiti da renne ed elfi riuniti in un coro di voci bianche raccapriccianti con contorno di buoni sentimenti. Se David Byrne non avesse avuto il cattivo gusto di performare giusto pochi giorni dopo la mia partenza, avrei reagito con sportività maggiore rispetto a quanto non ho effettivamente fatto.

Ma siamo in viaggio di nozze, siamo in Australia, il tempo è splendido e tutto va bene. Non ci facciamo certo indisporre da un cameriere troppo intraprendente, o dalla mancata coincidenza fra i miei impegni e quelli di un genio della musica. Alle spalle dell’ Opera House troviamo i Royal Botanic Gardens, una chiazza di verde intenso che declina verso il blu della baia senza darci l’opportunità di non visitarla. Questo immenso parco offre un perfetto connubio fra le molteplici specie animali che qui dimorano, i numerosi bipedi che qui ricercano pace e tranquillità dal logorio della vita moderna e le varie specie di alberi secolari che gettano un'ombra rinfrancante a beneficio di entrambe. Nel nostro incedere fra i vari sentieri dobbiamo fare attenzione a non investire varie intere famiglie di anatre intente ad insegnare ai propri pargoli l’attraversamento di carreggiata. Scegliamo una comoda panchina, è tempo di estrarre la reflex e catturare

qualche momento per le lunghe serate invernali che troveremo al ritorno.

Yellow-crested Cockatoo al pascolo

Un albero attrae uno stormo di pappagalli variopinti e chiassosissimi. Una famiglia di gallinelle d’acqua intenta a costruirsi il nido presso una fontana. Un paio di candidi kakatua che brucano l’erba più o meno serenamente. Pazzesco. In pratica questo buffo e incazzosissimo pappagallino sceglie un filo d’erba e tenta strapparlo col becco. Non riuscendoci al primo tentativo si aiuta con una zampa, creando ridicole coreografie nel tentativo, spesso vano, di eseguire lo strappo senza perdere l’equilibrio. Ogni fiasco e conseguente caduta è accompagnato dall’equivalente aviario delle bestemmie da carrettiere, nella fattispecie dispiego della cresta gialla, sbattere di piume e poderosi schiamazzi a tutto becco.

A pochi metri da noi un gruppetto di studentesse è intento a fare capriole, incuranti del fatto che la divisa scolastica imponga loro la gonna. Attorno a loro vari gruppetti di sfaccendati, ognuno in qualche modo intento a non far capire il reale motivo della propria permanenza nelle vicinanze. Appena le ragazze cessano la loro ginnastica e se ne vanno, il prato si svuota. Procediamo all’interno del parco e visitiamo la parte dedicata al Giardino Botanico. Ci assale un odoraccio inequivocabile, praticamente in contemporanea con la consapevolezza che ciò che stiamo calpestando non è più semplice asfalto ma un orrendo miscuglio di guano, terriccio e foglie. Sui rami di alberi secolari e preziosissimi hanno trovato rifugio a centinaia gli indiscussi padroni del parco, uno stormo di “Grey Headed Flying Foxes”, in pratica enormi pipistrelli dalla testa vagamente simile a quella della volpe e dall’ imbarazzante apertura alare. Il cartello all’ingresso del parco ci avvertiva del fatto che la chiusura dei cancelli è fissata, per motivi di sicurezza, alle ore 20. Ingenuamente abbiamo pensato che tutto il mondo fosse paese, e che il parco di notte divenisse insicuro e territorio privilegiato di malfattori e malintenzionati. Non è così. Semplicemente al calar della sera queste simpatiche bestiole si levano in volo e iniziano i loro consueti giretti, per impollinare o procacciarsi il cibo, e rimanere nei paraggi in questi momenti non è troppo divertente.

Capitolo 43 XXX

Questa è una parte imbarazzante. A luci rosse, o quasi. D’altronde è il resoconto di un viaggio di nozze, una parte piccante dovevate pure aspettarvela. Ok, mettete a nanna i bimbi che andiamo ad incominciare.

Succede tutto nel pomeriggio. Dopo l’assalto al mercatino rionale e la meravigliosa crociera sulla baia. Ci siamo trovati sul molo con negli occhi ancora pieni delle meravigliose immagini della città che si affaccia sul mare, nonchè le mani piene di pacchi e pacchettini per lo shopping natalizio mattutino. A quel punto decidiamo di riportare la mercanzia in albergo, dato che la distanza che ci separa da quest’ultimo è molto breve, in modo da riottenere la libertà degli arti per il pomeriggio che segue. Entriamo in camera per quella che nelle intenzioni doveva essere una sosta breve e veniamo colti da una “stanchezza subitanea e imprevedibile” , che ci spinge verso la branda senza ammettere discussione alcuna. In effetti il nostro ritmo sino a quel momento era stato assolutamente da primato per quanto riguarda spostamenti e concessioni al riposo, e la mia natura di bradipo urlava già da qualche giorno, soprattutto dopo la levataccia per assistere all’alba nel deserto. Insomma, una veloce pennichella pomeridiana cullati dai rumori del mare, che si insinuano piacevolmente fra le imposte sulle ali di una fresca brezza….priceless!

E fin qui tutto bene, niente di scandaloso, direi. Il problema è che avremmo fatto decisamente a meno di quanto è successo poi. Con la scusa che eravamo entrati in camera solo per appoggiare i pacchetti abbiamo colpevolmente omesso di apporre alla porta d’ingresso il pratico cartellino che invita a non disturbare. Decisamente un errore. Neanche a farlo apposta io e la mia signora ci svegliamo di buon umore dopo la rinfrancante siesta, e decidiamo di rubare un altro po’ di tempo alla visita della città. Ma nel bel mezzo del nostro intrattenerci ci piomba nella stanza un solerte cameriere deciso ad ispezionare la regolarità del nostro frigobar. Bussa in maniera non troppo convinta ed entra col passepartout, immaginando di non trovare nessuno. Per nostra fortuna fra camera e porta d’ingresso c’è un corridoio cieco entro quale le nostre urla di sdegno lo bloccano, mentre voliamo discinti nel piccolo ma pratico bagno. Non pago di averci inflitto già un umiliante interruzione, il ragazzotto proprio non accenna ad andarsene senza prima aver svolto il compito per il quale è entrato, e a nulla sembrano servire le nostre vibranti proteste da dietro la provvidenziale porta dei servizi. Per uscire dalla situazione di stallo Barbara mi incoraggia ad essere uomo, e ad uscire ad affrontare lo sbarbatello con le nudità nascoste da un asciugamano. Le faccio rispettosamente notare che, nelle mie condizioni, un asciugamano tenderebbe più ad accentuare il problema che non risolverlo.

La necessità, e il crescente disagio, rendono il mio inglese molto più convincente, o forse lo diventa solo il tono con cui le parole mi escono, fatto è che l’importuno cameriere accetta a malincuore di attendere fuori dalla stanza che noi ci si rimetta in ordine. Indosso dei vestiti a casaccio e lo faccio entrare a controllare il suo dannatissimo frigo, fra sorrisini imbarazzati da ambo le parti, e la ridicola presenza di mia moglie barricata nel bagno. Inutile dire che il cameriere è stato lo stesso che per tutta la durata del nostro soggiorno ci ha servito la colazione al mattino. Quindi la quinta cosa da fare assolutamente a Sydney non può che essere

5. Ricordarsi di appendere il Do not disturb alla porta!

martedì 15 settembre 2009

Capitolo 42 E cinque cose da fare ASSOLUTAMENTE a Sydney part 3

4. Fare dello shopping mirato

Dopo tanti giorni spensierati giunge alfine il momento di iniziare a pensare a quel che ti attende quando farai ritorno. E’ blasfemia dover pensare a tutto ciò mentre sei ancora immerso nell’atmosfera gioiosa della metropoli, ma quando a casa ti attendono orde di parenti e amici famelici di souvenirs e regalini vari, organizzare una giornata di shopping mirato è assolutamente necessario. Per mia fortuna la donna che ho sposato è cintura nera di organizzazione, sia che si tratti di gestire un viaggio di nozze dall’altra parte del mondo, sia che la missione sia far coincidere l’esplorazione della città con una puntata nei negozi che sembrano interessanti. E’ per questo che di Sydney porterò sempre con me le immagini della baia, della splendida Opera House, del Harbour Bridge, dell’acquario e dei superbi centri commerciali!

Sydney

Fra i regali che devo assolutamente recuperare spicca la curiosa richiesta di un amico. “Sei in una terra ricca di tradizione rugbystica. Vedi se riesci a procurarti la maglietta n.7 dei Cruzeiros, ci terrei molto!” E io, da bravo bambino giro per la città fermandomi ad ogni negozio sportivo. In uno di questi trasmettono in differita una partita della Roma. Sono lontano dalle vicende sportive del mio paese da due settimane, e qui addirittura mi fanno vedere la Magica! Tergiverso con maglie, felpe e cappellini per una mezz’ora buona, facendo la disperazione di commessi e moglie, solo per riuscire a vedermi la fine del match, rischiando di scoprire il mio gioco esultando smodatamente quando, al novantesimo passato, i giallorossi segnano il gol della vittoria. Ma se con il calcio ho fortuna, con il rugby sembra non esserci trippa per gatti. E sì che in esposizione ci sono maglie di club di ogni genere, misura e disciplina sportiva. Ma quando chiedo la maglietta dei cruzeiros i commessi scrollano le spalle e se ne vanno seccati. Ingenuamente credo sia orgoglio, cioè probabilmente a loro non sta bene che nei loro bellissimi e fornitissimi negozi sportivi arrivi un italiano e chieda giusto l’unica maglia che non hanno, quindi se ne vanno perché sono troppo educati per mandarmi a remare in modo inequivocabile. Poi finalmente, arrivato al decimo negozio, un commesso si fa coraggio e mi spiega che non tengono le maglie delle squadre straniere.

Cioè…io ho girato per la capitale (di fatto!) australiana chiedendo la maglietta di una squadra neozelandese. Anzi peggio. Io chiedevo a gran voce la maglietta del capitano della nazionale neozelandese nei negozi del centro di Sydney. Un po’ come recarsi a Milanello e chiedere l’autografo di Materazzi. Ci credo che tutti mi guardassero male!

mercoledì 9 settembre 2009

Capitolo 41 E cinque cose da fare ASSOLUTAMENTE a Sydney...part 2.

3. Fare i turisti della domenica

La totale assenza di schiamazzi notturni, e una piacevole e fresca brezza oceanica ci spingono a tenere le finestre spalancate durante il riposo notturno. In tal modo, allo spuntare dell’alba,abbiamo modo di apprezzare i preparativi, l’allestimento e il successivo svolgersi del simpaticissimo e chiassosissimo mercatino del quartiere, che, manco a dirlo!, ha il suo naturale epicentro giusto nella via sotto il nostro hotel. A quel punto il demone dello shopping, tenuto faticosamente a bada (tranne qualche sparuto caso) durante le nostre scorribande, si impadronisce della dolce metà, la quale, non paga dell’ avermi buttato fuori dal lettone ad orari improponibili, si getta fra gli stand sventolando valuta di ogni nazionalità.

Parecchio tempo e denaro dopo, il demone viene placato e, carichi di sporte di ogni peso e misura, ci rechiamo a quello che è supposto essere il main event della giornata, ovvero la crociera sulla baia. Devo ammettere che quando ce l hanno proposto avevo storto parecchio il naso prima di accettare l’idea. La crociera, complice il lavoro che faccio, mi sembra un modo di viaggiare vecchio e noioso, in poche parole poco adatto a noi. Mi sbagliavo. Il tour in nave per tutta la baia è il modo migliore per farsi l’idea della città, e per goderne appieno la bellezza. Poi ci sono modi e modi di vivere la medesima esperienza, e il poterli studiare farebbe la gioia di qualsiasi antropologo. Il costo del biglietto copre un giro di un paio d’ore lungo le insenature di Sydney e un sostanzioso buffet sottocoperta. Dopo pochi minuti inizio a sospettare che quest’ultima sia l’attrazione principale per la maggior parte dei partecipanti. I tavoli del cibo sono presi d’assalto a più e più riprese, gli sguardi sono rapiti più dal crostaceo che non dalle vetrate fuori dalle quali scorrono le meraviglie della città, il numero dei camerieri impegnati è tre volte maggiore quello dei marinai, la qual cosa, non so perché, mi agita.

Dopo essermi anch’io abbondantemente rifocillato, non intendo negarlo, salgo sul ponte esterno per una sessione estrema di fotografia. Del centinaio di partecipanti alla gita a raggiungerci all’esterno sono poco più di una ventina, la maggior parte famiglie con figli troppo piccoli per costringerli a stare seduti a tavola due ore.

Sydney Bay
Frustrati per non aver potuto cremare ogni singola lisca rimasta, si sfogano fotografandosi l’un con l’altro sino alla quarta generazione. Poco male, l’ampio giro per la baia e la bellezza della giornata ci pongono nelle condizioni ideali per guardare con accondiscenza tutto il genere umano, non solo lebestie digiune da mesi che sotto di noi stanno leccando anchele pentole, e sbarchiamo sazi spiritualmente ancorché nel fisico.