Questa è una parte imbarazzante. A luci rosse, o quasi. D’altronde è il resoconto di un viaggio di nozze, una parte piccante dovevate pure aspettarvela. Ok, mettete a nanna i bimbi che andiamo ad incominciare.
Succede tutto nel pomeriggio. Dopo l’assalto al mercatino rionale e la meravigliosa crociera sulla baia. Ci siamo trovati sul molo con negli occhi ancora pieni delle meravigliose immagini della città che si affaccia sul mare, nonchè le mani piene di pacchi e pacchettini per lo shopping natalizio mattutino. A quel punto decidiamo di riportare la mercanzia in albergo, dato che la distanza che ci separa da quest’ultimo è molto breve, in modo da riottenere la libertà degli arti per il pomeriggio che segue. Entriamo in camera per quella che nelle intenzioni doveva essere una sosta breve e veniamo colti da una “stanchezza subitanea e imprevedibile” , che ci spinge verso la branda senza ammettere discussione alcuna. In effetti il nostro ritmo sino a quel momento era stato assolutamente da primato per quanto riguarda spostamenti e concessioni al riposo, e la mia natura di bradipo urlava già da qualche giorno, soprattutto dopo la levataccia per assistere all’alba nel deserto. Insomma, una veloce pennichella pomeridiana cullati dai rumori del mare, che si insinuano piacevolmente fra le imposte sulle ali di una fresca brezza….priceless!
E fin qui tutto bene, niente di scandaloso, direi. Il problema è che avremmo fatto decisamente a meno di quanto è successo poi. Con la scusa che eravamo entrati in camera solo per appoggiare i pacchetti abbiamo colpevolmente omesso di apporre alla porta d’ingresso il pratico cartellino che invita a non disturbare. Decisamente un errore. Neanche a farlo apposta io e la mia signora ci svegliamo di buon umore dopo la rinfrancante siesta, e decidiamo di rubare un altro po’ di tempo alla visita della città. Ma nel bel mezzo del nostro intrattenerci ci piomba nella stanza un solerte cameriere deciso ad ispezionare la regolarità del nostro frigobar. Bussa in maniera non troppo convinta ed entra col passepartout, immaginando di non trovare nessuno. Per nostra fortuna fra camera e porta d’ingresso c’è un corridoio cieco entro quale le nostre urla di sdegno lo bloccano, mentre voliamo discinti nel piccolo ma pratico bagno. Non pago di averci inflitto già un umiliante interruzione, il ragazzotto proprio non accenna ad andarsene senza prima aver svolto il compito per il quale è entrato, e a nulla sembrano servire le nostre vibranti proteste da dietro la provvidenziale porta dei servizi. Per uscire dalla situazione di stallo Barbara mi incoraggia ad essere uomo, e ad uscire ad affrontare lo sbarbatello con le nudità nascoste da un asciugamano. Le faccio rispettosamente notare che, nelle mie condizioni, un asciugamano tenderebbe più ad accentuare il problema che non risolverlo.
La necessità, e il crescente disagio, rendono il mio inglese molto più convincente, o forse lo diventa solo il tono con cui le parole mi escono, fatto è che l’importuno cameriere accetta a malincuore di attendere fuori dalla stanza che noi ci si rimetta in ordine. Indosso dei vestiti a casaccio e lo faccio entrare a controllare il suo dannatissimo frigo, fra sorrisini imbarazzati da ambo le parti, e la ridicola presenza di mia moglie barricata nel bagno. Inutile dire che il cameriere è stato lo stesso che per tutta la durata del nostro soggiorno ci ha servito la colazione al mattino. Quindi la quinta cosa da fare assolutamente a Sydney non può che essere
5. Ricordarsi di appendere il Do not disturb alla porta!
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