giovedì 27 agosto 2009

Capitolo 39 Cinque cose da NON fare a Sydney

1. Non dare troppe informazioni alle guide.

Appena scesi dall’aeroplano abbiamo chiesto informazioni per dirigerci al nostro albergo. In Australia anche l’impiegato più meschino e umile si sente in dovere di intrattenerti mentre sbriga le tue pratiche, quindi il motivo del nostro viaggio salta fuori due o tre volte al giorno. Solo che la sagoma in questione non si accontenta di farci un sacco di complimenti e di augurarci ogni bene. No, lui molla lo sgabbiotto delle informazioni e ci mena di persona al terminal del nostro pulmino, infastidendo gli altri passeggeri con i dettagli della nostra vacanza.

2. Non prendere il bus navetta di quel tizio.

Mi piacerebbe ricordare il nome dell’autista e della sua compagnia, perché è stato veramente l’unico vero stronzo autoctono incontrato. Questo dato di fatto oggettivo, unito al fatto che dopo dieci minuti di sproloquio sul nostro conto io stesso ne avrei avute le scatole piene di me medesimo, fa sì che, dopo aver gettato di malagrazia i nostri bagagli nel container, si rifiuti di ascoltare la nostra destinazione finale e parta verso la città a tutta birra. La situazione all’interno del pulmino è dunque questa: nessuno ha mai incontrato uno stronzo in Australia e nessuno ha mai viaggiato verso Sydney a 100 all’ ora, smadonnando verso ogni altro autoveicolo. Ad ogni fermata scende una coppia che ringrazia Dio di essere viva e se ne va senza salutare l’idiota alla guida e gli italiani in viaggio di nozze, rei, loro malgrado, di averlo inacidito a tal punto.


3. Non farsi prendere dal panico.

Ricapitolando: sono sveglio dall’alba. Ho preso un volo di tre ore, di cui gli ultimi quindici minuti sono stati fra i più brutti della mia esistenza. Sono vivo per miracolo ma l’autista sembra intenzionato a rimediare a questo errore cosmico. Se non m’ammazza la sua guida lo faranno gli altri passeggeri, nel comprensibile tentativo di guadagnarsi la sua simpatia. In questo clima d’odio che si respira in cabina non v’è da stupirsi se decido di scendere alla prima occasione propizia. Il pulmino ferma nei pressi di un hotel. Guardo il nome della via, e Diamine!, è proprio quella del mio Hotel! Chiaro come il sole, lo stronzo manco ci avvisa che siamo arrivati, e già si sollazza all’idea di portarci in giro per tutta la città, fino a trovare un angolino riparato dove, con la complicità del buio ormai calato, fare orrendo scempio delle nostre membra. Hai fatto male i tuoi conti, scampaforche! Mia moglie riposa tranquilla sul sedile posteriore, dopo avermi implicitamente affidato la sua sicurezza e la nostra destinazione finale. Non ti deluderò tesoro!! Trascino Barbara giù dalla trappola infernale, recupero i miei bagagli e zittisco le proteste dell’autista assassino. Se ne va scrollando le spalle. E’ finita maledetto sociopatico, non ci avrai, rassegnati con dignità.

4. Non… (non voglio rovinarvi la sorpresa!)

Barbara dormicchiava. Ha una certa stanchezza accumulata, un po’ di tensione per l’atterraggio mista allo sgomento per la guida del nostro mancato carnefice. La strappo al suo riposo e questo non le giova. La abbandono momentaneamente di fianco ai bagagli, sperando se ne curi. Un giovinastro in divisa approfitta del suo evidente stato confusionale e le ghermisce le valige. E’ troppo. Una vena blu inizia a pulsarle sotto la pelle trasparente della tempia. Inizia a sbuffare e a battere il selciato con lo zoccolo, come un toro che si prepara a caricare. Per fortuna la lucidità torna a farsi strada nel provato cervellino e il massacro non avviene.

A parziale scusante di quanto sin qui avvenuto, e di quanto andrò a narrare di seguito, devo qui elencare un paio di quelle che in tribunale verrebbero chiamate circostanze attenuanti. Sydney è la penultima tappa del viaggio. Se avete seguito le nostre avventure sin qui saprete che non ci siamo concessi granché in fatto di lussi e comodità, soprattutto in fatto di hotel e ristoranti. Ecco perché quando si è trattato di scegliere l’ ultimo alloggio (l’ultima tappa è sull’isola, c’è un solo resort, tutto da descrivere, quindi l’ultimo albergo da scegliere è stato a Sydney.) ci siamo concessi la prenotazione presso una catena importante.

Un inserviente che ci raccoglie il bagaglio non l’abbiamo mai trovato. Ecco perché Barbara si prepara alla pugna, salvo poi desistere quando ricorda l’equazione Sydney = albergo figo. Facciamo così il nostro trionfale ingresso all’ Hilton. Il lusso delle rifiniture si unisce allo sfarzo degli ospiti vestiti in pompa magna. In fondo è sabato sera, siamo sotto Natale, la cena aziendale di fine anno negli hotel più rinomati è un classico. E noi siamo arrivati qui dritti dal deserto, bermuda e scarpe da ginnastica, sporchi e pieni di polvere rossa fin sui capelli. Corriamo alla reception intimoriti e fuori luogo come raramente ci è accaduto in vita. Troviamo un ragazzino compito e gentile di non più di vent’anni, quindi a sfoggiare il sorrisone e il blando inglese tocca alla signora. Tira fuori il book dei vaucher, estrae quello relativo a Sydney e glielo rifila, sperando di ottenere una stanza nel minor tempo possibile, in modo da poterci levare quanto prima dall’imbarazzante situazione. E ovviamente il giovanotto sparisce. Dopo cinque minuti, in cui tutti quelli che transitano per la hall, compresi sindaco e assessore alla cultura, sentono il desiderio di umiliarci per la nostra orrenda condizione, torna con una piantina della città in mano. “Ecco, noi siamo qui, voi dovete andare qui, vedete la strada è quella giusta ma è parecchi isolati da qui, vi conviene chiamare un taxi…”. Mi sa che l’inglese di Barbara peggiora quando ha sonno. Intervengo: “No vede, noi abbiamo la prenotazione, qui dice hotel Holiday Inn, George Street, Bonazzi, honeymoon ecc. ecc.” “Appunto!”

Ah, ok, forse ci sono…la strada è giusta, ma c’è un altro albergo più avanti, Hilton è una super catena, ce ne saranno due o tre qui a Sydney, siamo scesi a quello sbagliato, sfortunella!

“No mister, the name of the street is correct, but..” “But???” “The reservation is for Holiday Inn. This is HILTON!”

La quarta cosa da non fare a Sydney è quindi: Non confondere un hotel per un altro, cribbio!

5. Non lasciare che l’ orgoglio prenda il sopravvento.

Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio il consierge prende in mano la situazione e ci mostra dove dobbiamo andare. Perfetto, tutto chiaro, ora dobbiamo solo recuperare i nostri bagagli dalle mani dei fattorini. Non contenti della grassa figura rimediata dobbiamo pure spiegarla alla bassa manovalanza per riavere ciò che è nostro. Come ampiamente comprensibile ci scherzano per un quarto d’ora, supplicandoci di rimanere lì nonostante tutto, dal momento che ”Holiday inn sucks!” Alla fine hanno pietà di noi e ci rendono le borse, offrendosi di chiamarci un taxi. E lì, non pago della mia già pietosa condizione, ho un sussulto d’orgoglio e rifiuto. Non saranno un paio di isolati a piedi a spaventarci, non dopo questa orrenda giornata.


Lascio alla cartina il compito di spiegare cosa ha comportato questa sciagurata decisione. Google maps mi dà una distanza da un hotel all'altro di 1,2 km, pari a trenta minuti di cammino in parziale salita, un afoso pomeriggio estivo, vestiti di tutto punto, zaino in spalla e trascinando due borsoni da venti chili. Una volta arrivato all Holiday Inn non avevo più il coraggio di entrare!

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