martedì 4 agosto 2009

Capitolo 35 …però è fiorito e vitale!

Approfittiamo della mattinata libera per fare un po’ di provviste, e un po’ di shopping mirato. Poiché mia moglie ha già dato un contributo pesante all'arredo del nostro microappartamento con l’enorme faro di Kangaroo Island, mi sento in dovere di andare alla ricerca di un boomerang aborigeno. Quindi, dopo aver depositato in camera la cassa d’acqua minerale pro deserto, batto a tappeto la zona alla ricerca del cimelio. Partendo dalla necessaria premessa che l’intera struttura del resort altro non è che una legalizzata macchina spenna turista, mi sembra di raggiungere un equo compromesso disertando il classico negozio di souvenir in favore di una galleria d’arte simil/finto/autoctono/artigianale. Opto quindi per un attrezzo grezzo decorato a mano da un artista locale (almeno non è il solito Made in China!) , che costa il doppio rispetto a quelli seriali, ma che oggi, come diceva un saggio, dà proprio un tono al mio salotto.

Dopo aver finito i nostri giri ci ritroviamo a bordo piscina con i bagagli più pesanti e i portafogli più leggeri. Diamo la stura alla crema protezione 50, alla pratica cazzuola necessaria a spalmarla, e assaggiamo il sole del deserto. Si tratta di un vero e proprio battesimo del fuoco, poiché nel pomeriggio si parte per il tour delle Olgas. Il pulmino ci scarica ai piedi di questo sistema di monti che fanno parte della medesima formazione rocciosa della celebre Uluru o Ayers Rock. Il loro nome aborigeno, Kata Tjuta letteralmente significa “molte teste”, ed è infinitamente più poetico che non il banale nome della regina che governava il paese di origine del primo esploratore bianco che li raggiunse.

Kata Tjuta o The Olgas

L’incredibile fortuna che ci ha accompagnato durante tutta la luna di miele fa sì che le piogge dei giorni scorsi se ne siano andate lasciando il deserto fiorito e la temperatura più gradevole. Se la media del periodo è abbondantemente attorno ai 50°, la colonnina oggi si ferma attorno ai 30°. Un bel sollievo, una circostanza che ci permette di inoltrarci fra i monti senza pagare un prezzo troppo elevato in termini di fatica e sudore. La guida ci spiega che qui il sudore non appare proprio. Evapora appena raggiunge l’epidermide. L’incauto esploratore tende quindi a disidratarsi senza rendersene nemmeno conto. E qui torna utile la scorta d’acqua che avevamo previdentemente comprato. Ad altri compagni di viaggio non va così bene. Appena scesi dall’aereo sono montati sul bus per l’escursione, di conseguenza hanno con sé solo una bottiglietta da 30 ml. La loro gita si svolge in un perimetro di 20 metri attorno al pulmino, e alla scorta d’acqua al suo interno. Un’altra coppia di balordi affronta il deserto in infradito, gonnellina jeans minimalista e cappellino in paglia. Dopo dieci minuti dieci di passeggio sotto il sole decidono prudentemente di rientrare all’ombra e battono in ritirata. Better luck next time, tanto in fondo l’Australia è dietro l’angolo, ci saranno altre occasioni…

Scremate le mele marce, il gruppo procede nell’esplorazione delle “Molte Teste”. Attorno a noi non si scorge nulla per chilometri e chilometri. A parte i rilievi delle Olgas e Ayers Rock il deserto procede piatto come una pista di bowling, con l’eccezione di qualche sparuta acacia a frammezzare lo sguardo verso l’orizzonte. In compenso attorno a noi tutto pullula di vita. Rinvigoriti dalle piogge copiose delle ultime settimane fioriscono gli alberi e i cespugli. Nelle pozze dove si raccoglie l’acqua piovana sguazzano allegramente migliaia di girini. Fra le pareti a picco attorno a noi rimbalzano echi di vari versi di uccelli. La nostra solerte guida passa fra le varie coppie proponendo soggetti da fotografare e offrendosi per scattare foto ricordo. Nelle sue parole lo stesso compiacimento nostro nel vedere il deserto così vitale e così fiorente. Un inaspettato colpo di fortuna.

Nessun commento:

Posta un commento