mercoledì 19 agosto 2009

Capitolo 38 Terrore a bassa quota

Sono in debito di un riepilogo della nostra esperienza nel Never Never. A conti fatti le due escursioni all’interno dei monti sacri ci sono piaciute parecchio: lo scenario con gli indescrivibili giochi di luce e colori, l’incredibile fortuna di visitare luoghi inospitali nel momento più favorevole possibile, la fascinazione e la sacralità che il paesaggio ispira. Per questi motivi valeva assolutamente la pena venire a darci un’ occhiata. Quello che proprio non c’è piaciuto è stata la dimensione del resort. Fermo restando che le ragioni che portano alla sua nascita sono le migliori, cioè il voler raggruppare in strutture sorvegliate tutto il turismo che transita nella zona, per noi che venivamo da dieci giorni di vita eremitica lungo la Great Ocean Road, trovarci nel deserto con centinaia di altre persone ci ha pesantemente condizionato. Per ritrovare la quiete e serenità perdute quale destinazione poteva essere più appropriata di una metropoli mondiale qual è Sydney?

L’attesa un po’ troppo lunga nel minuscolo aeroporto di Ayers Rock ci dà modo di spedire un po’ di mail di aggiornamento sulle nostre condizioni. Siamo in viaggio di nozze, siamo nei luoghi che abbiamo sempre desiderato vedere, siamo in clima “nuvoletta rosa”, insomma possiamo tranquillamente sollevare una certa qual invidia nei destinatari dei nostri rapporti. Poi montiamo in aereo. Poi decolliamo. Poi arriviamo a Sydney e ci prepariamo a scendere. Poi scatta il terrore.



Come si evince dalla mappa, le piste per gli atterraggi e decolli sono site su una striscia di terra esile quanto una promessa, e circondata dalle acque della baia. Nell'imboccarla il pilota sorvola questo tratto di mare abbassandosi sempre di più ed esponendosi ai venti che dall’oceano soffiano incontrastati fino alla città. La soggettiva da un sedile di un aeroplano in planata è quindi la seguente: oblò a destra, acqua. Oblò a sinistra, acqua. I colpi di vento, le conseguenti sbandate e i vuoti d’aria permettono di apprezzare che anche sotto l’aereo altro non vi è che acqua. Il sospetto che il pilota abbia perso il controllo del veicolo e stia tentando un improbabile ammaraggio inizia a diffondersi fra i passeggeri. Le hostess sono sedute ai loro posti, le cinture allacciate, le mani in grembo. Il trucco è capire se sono abituate a queste condizioni quando atterrano in questa zona, oppure se i loro sorrisi sono più tirati e falsi del dovuto. Niente da fare, evidentemente la Quantas arruola le sue crew fra i giocatori di poker professionisti. E tu continui a scendere assieme al maledetto apparecchio verso quello specchio d’acqua cupo e agitato dai marosi, ballando al vento come una piuma e trattenendo la colazione con i denti finchè, quando ogni speranza è ormai perduta, e già un rauco grido inizia a farsi largo nella tua gola, le ruote del carrello toccano terra.

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