martedì 22 giugno 2010

Capitolo 58 D-Day Part two

Green Sea Turtle - On the beach

Purtroppo non c’è verso di nascondere la nostra protetta, così anche lei viene presto notata e fatta oggetto di pellegrinaggio. Ovviamente a noi ci tocca una coppia di italiani particolarmente ottusa. C'è poco da fare, al momento di concedere il passaporto i nostri compatrioti dovrebbero essere obbligati a sostenere un esame valido ai fini dell'espatrio, al fine di evitare che i nostri peggiori cervelli vadano all'estero a renderci ridicoli. I due geni in questione sono quelli che avevamo già osservato e catalogato alla voce “Abbronzatura o muerte!”. Purtroppo oggi il sole non c'è e girano per la spiaggia tenendosi per mano, evidentemente smarriti e alla ricerca di qualsiasi evento possa distrarli da ciò che vivono come una drammatica ingiustizia. Non avendo l'occhio abituato al difficile compito del “guardarsi attorno” devono arrivare quasi in bocca alla nostra scavante tartaruga prima di realizzare di che si tratta. Questo nonostante io e Barbara si sia in piedi e ci si sbracci per attirare la loro attenzione da che sono apparsi all'orizzonte! A questo punto si pone un quesito: siamo costretti a scegliere se rivelarci come italiani, compromettendo le nostre identità segrete ed esponendoci quindi al fatale riconoscimento da parte dei nostri compatrioti, oppure far finta di nulla e lasciare che i due ignorantazzi inizino a fare della Nostra tartaruga il bersaglio per qualsiasi malsana idea svolazzi nei loro pigri cervelletti. In realtà non c'è una vera scelta e Barbara, utilizzando le parole più semplici che il nostro meraviglioso idioma consente, prova a spiegare ai nostri nuovi amici il meraviglioso concetto di non rompere le scatole agli animali. Purtroppo italiano o meno, le parole con certa gente servono a poco, e se la ragazza pare capire le nostre intenzioni, l'uomo di casa non intende farsi spiegare il mondo da mia moglie, e gonfio di maschio testosterone va ad inginocchiarsi proprio di fianco alla tartaruga, ed inizia ad accarezzarne il dorso.

A Barbara inizia a pulsare una venuzza sulle tempie. La ragazzetta ride istericamente, “dai Giorgio, non si fa, vieni via, hihihi!” Io ho delle fantasie sulla tartaruga che si gira e fa volare via il cretino con due schiaffi delle sue pesanti zampine. Facendo ricorso a doti di pazienza e diplomazia che non le avevo mai visto (e che mi chiedo mi sarà mai dato di vedere!!!) Barbara prova a far notare all'idiota che il rettile non gradisce le attenzioni che gli vengono rivolte. Al che, non richiesta, esce la perla di saggezza: “Ma mica ci sente!” Tono lamentoso e seccato di bimbo saccente e poco abituato a sentirsi dire di no. Io ormai sono alla pianificazione del doppio omicidio, che comprende lo strozzarli a mani nude e approfittare della buca ormai scavata per nascondere i corpi dei due imbecilli. Per fortuna nessuno ha la meglio su mia moglie nel botta e risposta, e soprattutto NESSUNO può pensare di avere l'ultima parola su di lei. Mani sui fianchi, voce ferma e decisa, forse solo più alta di un'ottava a sottolineare la tensione della schermaglia: “Credi che non abbia altri modi per accorgersi di te? credi che sia stupida? Ha smesso di scavare!”

La componente maschile delle teste di balsa guarda la moglie scocciato. A lei la voglia di osservare i rettili è già abbondantemente passata, l'astinenza da melanina attivata inizia a battere e questi nuovi italiani conosciuti non sono per niente simpatici. Di comune accordo si allontanano, probabilmente in cerca di qualche altra specie, umana o animale, da infastidire. Liberata dai seccatori, almeno da quelli più invasivi, la nostra protetta riprende a scavare. Evviva!

lunedì 14 giugno 2010

Capitolo 57 D-Day Part one

Non capita tutti i giorni che una tartaruga marina scelga di scavare il proprio nido a pochi metri da te, quindi assaporiamo ogni momento in estasi mistica, ammirando la tenacia e il coraggio del corpulento rettile mentre issa il suo pesante carapace sulle dune e usa le sue zampe pinnate per strappare al terreno un rifugio sicuro per le uova. Volano palate di sabbia in ogni direzione mentre sbuffi di fatica si levano dal musetto determinato. Purtroppo il buonsenso e le leggi dell'isola impongono di lasciarle tranquille durante i loro sforzi, altrimenti l'avremmo aiutata volentieri, la fatica che richiede l'intero processo è qualcosa di palpabile e che non può asciare indifferente chi assiste. Alziamo lo sguardo: per l'intera lunghezza della costa che riusciamo a vedere si susseguono sbarchi di tartarughe. Il D. Day è cominciato, e noi siamo giusto in mezzo!


La portata dell'evento non è tale da passare totalmente inosservato, e attorno ai rettili iniziano a formarsi sempre più capannelli di bipedi curiosi e invadenti. Se c'è un appunto da muovere agli australiani è che tendono a considerare il resto del mondo loro pari, e questo, purtroppo per il resto del mondo, è totalmente sbagliato. Se un australiano fissa una linea di comportamento si può essere sicuri che un altro australiano si farà asportare la virilità piuttosto che contraddirla. Ma gli europei? La regola dell'isola riguardo le tartarughe è chiara, ed è fondamentalmente l'unica regola: lasciare in pace gli animali. Più che una regola ovviamente è un'indicazione, visto che non c'è nessun addetto che gira per lo stabilimento attento a che venga rispettata, ma esiste, e questo per gli Aussies basta e avanza. Certo non per gli stranieri. Così, con nostro sommo disgusto, dobbiamo assistere a scene di ordinaria stupidità umana rapportata agli indifesi animali. Una magnifica foto nel centro di accoglienza mostra, più edificante di cento parole, l'esatto comportamento da non tenere nei confronti dei rettili. Bianco e nero, una signora di mezza età con un costume anni 50, sorridente in posa sopra una maestosa testuggine tesa nello sforzo di riguadagnare le onde. Si può essere più stupidi di così? A giudicare dal comportamento dell'ignobile concentrato di razza umana attorno a noi purtroppo la risposta è positiva. Chi si affanna a mettersi in posa a fianco all'animale in modo che la moglie possa fotografarlo. Chi deve assolutamente toccarle mentre scavano, osservarle da quanto più vicino possibile. Chiaramente la tartaruga, come una consumata star, gradisce poco le attenzioni dei paparazzi, soprattutto perché è costretta ad interrompere più volte le già laboriose procedure.

giovedì 3 giugno 2010

Capitolo 56 La tartaruga un tempo fu..

Un'altra coppia di vacanzieri italiani la individuiamo in virtù di un altro topos della nostra gente, cioè la smania per l'abbronzatura. Stazionano sul bagnasciuga, spiaggiati in pochi cm d’acqua e si godono i raggi UVA con la costanza degna di animali a sangue freddo. Ci sono frotte di gente che parte dai nostri aeroporti per raggiungere mete esotiche ed affascinanti di cui non ricorderanno assolutamente nulla se non quanto sole hanno preso. Questi bipedi si riconoscono dalle membra carboncine e dalla totale assenza di neuroni all'interno della cavità cranica, e li puoi trovare stabilmente rivolti in direzione dell'astro celeste sin dalle prime ore del mattino. Quando alla fine delle loro sudate ferie, dove per sudate non si intende tanto il fatto di aver fatto sacrifici per potersele permettere, si ritrovano con i loro pari per il consueto scambio di impressioni sui luoghi di villeggiatura, il momento di massimo godimento diviene il confronto di colore degli arti superiori. Di pallido in queste serate c'è solo il ricordo dei luoghi visitati, dato che nessuno si è dato la pena di visitarli realmente, e le poche foto prodotte (fotografare significa rubar tempo all'abbronzatura) risentono anch'esse della massiccia esposizione ai raggi solari, e quindi tendono ad assomigliarsi tutte.

Le nostre giornate trascorrono così all'insegna della zoologia, fra specie animali che è bello conoscere e scoprire, ed altre che purtroppo non possiamo fare a meno di notare. La tempesta tropicale che abbiamo visto montare all'orizzonte fortunatamente passa al largo, ma la nostra tranquilla vita isolana ne viene comunque influenzata, nel bene e nel male. Il clima cambia leggermente, dall'oceano arriva una brezza fresca e costante che porta sì refrigerio, ma anche turba il sin qui pacifico moto ondoso, rendendo la balneazione estremamente complessa. Di fronte a tali sconvolgimenti naturali l'ospite medio del resort fa di necessità virtù. Sceglie un paio di comode brande, ordina un cocktail analcolico e fruttato, e si adatta a sguazzare nella pratica e riparata piscina, in un “mal comune mezzo gaudio” a caratura internazionale. Ma a volte bisogna andare contro la Logica per ottenere risultati insperati, e a volte il detto: “la Fortuna bacia gli audaci” si rivela veritiero. Fra la prospettiva di rimanere in spiaggia, fare il bagno fra i marosi ed allestire ripari di fortuna dal vento oppure mischiarci alla schiuma della società in quel ricettacolo di vizi altresì conosciuto come piscina comune, il sottoscritto ovviamente non ha manifestato il minimo dubbio, e tronfio del suo razzismo culturale ha trascinato la sventurata consorte in spiaggia con qualsiasi clima.

Così facendo veniamo a beneficiare dell'ennesima epifania australiana, ovvero lo sbarco delle tartarughe marine. Come già accennavo, questo è il loro periodo di deposizione delle uova, e già da qualche giorno in spiaggia era possibile notare i segni del loro passaggio notturno. La tempesta abbattutasi nelle vicinanze deve aver in qualche modo alterato la loro percezione del daytime (teoria nostra, quindi da prendere col beneficio di inventario!!), poiché iniziamo a scorgere sempre più esemplari avvicinarsi intrepidi alle spiagge anche nelle ore diurne. E così, un magico pomeriggio di dicembre, mentre siamo immersi nella quiete fra i cespugli e assaggiamo l'aria che l'oceano soffia sulla nostra solitudine, fra le onde un paio di testoline squamose si portano a quota periscopio e scrutano ansiosamente la rena. L’ora di cena ormai si approssima e gli ospiti dell’ isola sono quasi tutti già affaccendati nei preparativi per la serata. I pochi ritardatari rimasti si affrettano verso i bungalow, e in capo a pochi minuti la spiagge, già poco affollate, si svuotano completamente. E’ il momento. Dalla nostra privilegiata posizione, seminascosti dalle fronde di Pisonia, vediamo avanzare lentamente una gigantesca testuggine, e raggiungere il bagnasciuga proprio davanti a noi. Un paio di passi incerti e il corpaccione è completamente fuori dall’ acqua. La osserviamo salire verso di noi con sicurezza, ancorché con una certa goffaggine. Rimaniamo fermi immobili, trattenendo quasi il respiro per non spaventarla, ora che è fuori dal suo elemento naturale. Precauzione inutile, il rettile ha deciso che deve assolutamente deporre il suo prezioso carico sotto il mio telo da spiaggia. C’è poco da fare, dobbiamo proprio toglierci dai piedi!

martedì 25 maggio 2010

Capitolo 55 Razze (di pesci e altre bestie)

Gli squali stazionano a pochi metri dalla costa. Non sono assolutamente aggressivi, e la presenza umana pare non disturbarli troppo. Li lascio e provo ad avventurarmi in mare aperto. Sotto la sabbia si intravedono capannelli di razze semimimetizzate e in pacifica attesa che qualche incauta preda passi sopra di loro. In effetti il Queensland è la patria delle razze e di Steve Irving, commemorato qui come un eroe nazionale. Siccome ho ben in mente che razza di fine abbia fatto (se mi perdonate l’orrendo gioco di parole!) giro ben alla larga anche da queste bestiole. Allora: in riva al mare ci sono gli squali. Più in là le razze velenose, più in là ancora non si può andare perché se ti piglia una corrente ballerina si finisce al polo sud senza passare dal via. E’ tutto quello che si può chiedere ad un bel bagno rilassante.

Storm in Heaven

Inquietata dal genere di pesci che ci troviamo ad affrontare, Barbara decide che bagnarsi a malapena i piedi è più che sufficiente per la giornata, e mi lascia solo in balia delle onde di Shark Bay. Poco male, avrà tempo di rifarsi. In fondo basta solo entrare nel semplice ordine delle idee australiano: gli squali non ti danno fastidio, se proprio non sanguini davanti a loro. Semplice. Le razze? Basta non disturbarle. Se ci cammini sopra potrebbero indispettirsi, certo, ma generalmente non sono mimetizzate così tanto da non vederle. Ok. Le correnti, le meduse, le conchiglie velenose…esistono, se lo sai ti comporti di conseguenza, la morte è un’eventualità certo spiacevole ma naturale come il resto delle cose.

Il resto della giornata procede senza scossoni e situazioni degne di nota, a parte una montante tempesta dal lato nord. Il vento crescente turba la superficie delle acque e in queste condizioni lo snorkeling diventa proibitivo, ci tocca ripiegare sulla zoologia terrestre anziché anfibia o marina. In particolare l’isola permette l’osservazione dei comportamenti di una specie inutile e dannosa quanto la gramigna ed altrettanto diffusa, cioè l’ Italicus otiosus, ovvero l italiano in vacanza. Mentre noi si faceva una tranquilla colazione in infradito e t-shirt vintage, eufemismo per non dire antica e consumata, siamo stati attratti dalla visione di una dea bionda che scendeva a far colazione con i comuni mortali. Prendisole bianco su costume brasiliano, una cofana di capelli biondi appena usciti da phoon e arricciatore, trucco perfetto su viso totalmente inespressivo e senz’età, quel genere di pokerface che solo il botulino in abbondanti applicazioni può regalarti, e ciabattina tacco dodici ostentata con consumata nonchalance. Insomma lo stereotipo della bionda oca appena uscita dall’estetista, agghindata con mise improponibili per Miami Beach o Porto Cervo, quindi totalmente sprecate e fuori luogo per l’isola in cui siamo. E non abbiamo certo bisogno di sentirla approcciare il cameriere con un “Possibile che qui nessuno parli italiano?” per capire con chi abbiamo a che fare. Il marito, improbabile anch’esso, sfoggia baffo da sparviero, pancia da benessere, e un pantalone jeans al ginocchio che costerà quanto un mese del mio stipendio, e che fa clamorosamente a pugni con il copricapo original Australian Style, acquistabile ad ogni bancarella per 15 dollari. L’Italicus Otiosus non spreca il suo tempo in vacue esplorazioni del luogo in cui arriva. Una volta individuati ristorante e piscina le sue scorribande cessano, e comincia il meritato riposo. Li ritroviamo infatti a pomeriggio inoltrato sulla spiaggia appena prospiciente il bar, intenti ad un servizio fotografico. Lei, una ninfa marina di indicibile splendore gioca vezzosamente sul bagnasciuga ad esibire un repertorio di posizioni atte ad accentuare l'invidiabile abbronzatura e la sbarazzina bellezza. Il marito le ciondola intorno con l'improbabile cappellaccio, e la fotografa in tutte le pose, assecondandone gli istinti divistici con sudorazione sospetta. L'intento è chiaro: una volta rientrati dai meravigliosi luoghi di villeggiatura prescelti, coppie di amici di pari ceto ed estradizione si ritroveranno presso un divano e un proiettore.

Coppia n.1: “Dovete assolutamente vedere le nostre foto delle vacanze!”

Coppia n.2: “Sì,sì che bello, anche noi ne abbiamo un sacco da farvi vedere!”

Coppia n.3: “Ottima idea! Voi cosa avete?”

Coppia n.1: “Noi abbiamo 400 foto in alta risoluzione di mia moglie che prende il sole sul terrazzo nel nostro chalet a Cortina.”

Coppia n.2: “Noi abbiamo 8ore di video di mia moglie che fa il bagnetto nella piscina del nostro resort alle Mauritius.”

Coppia n.3: “Noi invece abbiamo solo 300 foto di mia moglie sul bagnasciuga di una spiaggia tropicale, cosa volete, il tempo non è stato bellissimo, abbiamo dovuto limitarci.”

In generale la specie qui osservata non è particolarmente aggressiva. Il suo comportamento è sì chiassoso e volto a richiamare l'attenzione di ogni altra specie animale transitante nelle vicinannze, ma il loro essere stanziali in determinate aree (bar, ristoranti, piscine) fa sì che ci si possa scordare della loro presenza semplicemente allontanandosene. Una delle caratteristiche già descritte, questa sì decisamente invasiva e spiacevole, è la tendenza che questa bestia ha ad andarsene in giro a branchi, e quindi a crearsene uno nei vari luoghi dove soggiorna. In questi casi occorre sangue freddo e una notevole dose di fermezza per mettersi al riparo dalle loro attenzioni. Il nostro aspetto diafano fortunatamente ci accomuna più ai vampiri e agli anglosassoni, che ai frutti della nobile penisola italica, e questo, unito al fatto che tra di noi nelle zone comuni si parli in inglese, genera negli sciagurati conterranei un equivoco che siamo ben lieti di protrarre sino al giorno in cui ci si lascerà per non vedersi (speriamo!!) mai più!

martedì 13 aprile 2010

Capitolo 54 Shark Bay

Per il nostro primo assaggio di oceano e spiaggia ieri pomeriggio ci siamo affidati al caso. Man’s Style. Quindi oggi tocca alla programmatrice-e-scrupolosa-ai-limiti-della-pedanteria parte femminile della coppia studiare e scegliere il posto migliore dell’isola per il nostro spiaggiamento. Gli indigeni compilano giornalmente un esauriente bacheca segnalando fasi della luna, conseguenti maree, orari delle varie escursioni sui coralli (via mare, con bombole, snorkeling assistito oppure gita a piedi con bassa marea.) e degli eventi mondani. In più vengono segnalate le specie più pericolose che può capitarci di incontrare, dai molluschi velenosi, ai coralli perniciosi, ai pesci urticanti e accorcia vita. Nessun cenno alle meduse. Sappiamo che esistono alcune specie, in questa zona, tanto piccole da passare a volte attraverso le reti che, nei periodi di migrazione, vengono messe al largo a protezione delle acque frequentate dai turisti, e che perciò risultano anche molto difficili da avvistare in tempo. E giustamente sono letali. A precisa domanda ci rispondono che ancora non è periodo, non dovremmo incontrarne, di meduse ce ne sono, ma solo quelle innocue, il cui tocco è fastidioso ma non letale, cosa che per gli standard di questa zona significa che sono"assolutamente innocue!". Rassicurante. In compenso raccomandano come angolo migliore per la balneazione Shark bay. Il nome è tutto un programma, ma il fatto che si trovi sulla punta estrema dell’isola, vagamente defilata dal resort mi fa desiderare di provarla. Attraversiamo la foresta di Pisonia, suscitando le grida di indignazione dei vari pennuti che disturbiamo, e sbuchiamo presso una magnifica spiaggia semi deserta. Il paradiso. Sabbia bianca. Mare di ogni colore fino all’orizzonte, cielo terso e sole che spacca. La Baia degli Squali entra prepotentemente nella classifica dei luoghi più belli mai visitati. Mi concedo al sole il tempo necessario a smaltire la colazione, dopodiché sono pronto per la sessione mattutina di snorkeling. Sfodero il mio fisico bestiale, acchiappo la fedele maschera, le pinne e la macchina fotografica subacquea e mi lancio verso l’oceano. Due passi di ambientamento e una pinna sospetta transita ad un paio di metri da me.

Shark zone

Compio l’intera distanza che mi separa dal basciasciuga in un unico balzo, urlando al contempo frasi sconnesse e seminando la mia attrezzatura in un raggio di cinque metri. Macheccacchio, e io che pensavo che Shark Bay fosse solo un nomignolo roboante e esotico! Alla faccia! Situazione: nella successiva mezz’ora io e Barbara avvistiamo un altro paio di pescecani di circa un metro e mezzo di lunghezza, che vanno a zonzo a pochi metri dal bagnasciuga. Più un numero imprecisato di quelle che sembrano proprio essere razze, e una manta che saltella al largo. Il nostro desiderio di fare il bagno è sceso a livelli di guardia, ma tutte le altre persone che si trovano in questo tratto di spiaggia sono in acqua, e sembrano godere di ottima salute. Anzi, i più divertiti sono i bambini che fra loro giocano ad avvistare e rincorrere gli squali sotto gli occhi vigili ma divertiti dei genitori. Dannazione, se i bimbi australiani fanno il bagno con questi pesci rossi troppo cresciuti vuoi che io sia da meno?! Diamine, no! Mi tuffo. Non devo nemmeno aspettare troppo. E’ pur vero che l’acqua e la maschera tendono a restituire un’ immagine un po’ ingrandita rispetto alle reali dimensioni, però non faccio a tempo a fare un paio di bracciate che mi attraversa la corsia un esemplare di quasi due metri. Non voglio fare il pescatore delle barzellette, quello che pesca una sardina e dichiara un tonno per intenderci, quindi vedrò di essere quanto più chiaro possibile. Supponendo per assurdo che il pescetto, vedendo la notevole quantità di carne che mi porto appesa ai fianchi, desiderasse farsi uno spuntino prima di pranzo, plausibilmente avrei avuto ampie possibilità di cavarmela. Certo, magari senza un braccio, o una gamba, però non ho esattamente incontrato lo squalo di Spielberg. Un fratellino piccolo di un metro e mezzo/due, pacifico e sereno com’ero io prima di entrare in acqua, questo ho trovato. E basta e cresce!

mercoledì 7 aprile 2010

Capitolo 53 For the Birds part 2

Mi sveglio insopportabilmente presto per un neo marito in vacanza. E’ sempre così. A casa un imprescindibile impegno lavorativo e due sveglie non bastano a buttarmi giù dal letto. In vacanza la mia sveglia interna inizia a suonare alle sette. “Mah, meglio così del contrario!”, mi dico mentre osservo la mia dolce metà finalmente riposare dopo la lotta notturna con tappi e urla dei Muttonbirds. In fondo la prospettiva di immergermi in acque limpide, circondato da pesci di ogni tipo e tartarughe marine, ben giustifica una levataccia. Ma non ho cuore di svegliare Barbara. Esco sulla veranda e cerco di ammazzare il tempo osservando i rituali delle varie specie di uccelli che girano nei dintorni. Uno degli aspetti più rilevanti del mio bird watching mattutino è che non so quanti altri appassionati di ornitologia lo pratichino in boxer e maglietta su di una sdraio. L’altro, più attinente, è che il re dell’isola, ovvero l’airone del Pacifico, è un sovrano assai poco amato dai propri sudditi. Non riesco proprio a spiegarmi l’ostilità con cui i generalmente pacifici Black Noddy accolgono gli aironi quando questi si posano sui rami degli alberi di Pisonia. Da totalmente ignorante delle interazioni sociali fra le varie specie di pennuti, formulo un paio di ipotesi che non solo mi sembrano plausibili, la qual cosa alle sette del mattino mi rende fiero di me stesso come poche volte mi succede, ma che hanno anche l’indubbio pregio di non essere smentibili, almeno nel breve periodo, e senza un’esperto/wikipedia nelle vicinanze. La mia impressione è che il grosso e goffo airone si posi sui rami con ben altra invasività rispetto ad altri uccelli ben più piccoli ed agili. Da qui le loro (giustamente!) seccate rimostranze. A maggior ragione se si considera che, a quanto posso vedere, gli aironi possono pur andare a posarsi da altre parti, mentre le testine bianche sono bloccate a guardia dei loro nidi e dei loro piccini. Pensate a quanto è fragile la loro dimora, per quanto ben costruita e tenuta assieme da abbondanti e ripetute colate di cemento naturalmente prodotto. Pensate al fatto che se un uovo, o peggio, un piccolo cade dal nido non c’è nessuna forza in natura che può ridarlo alla madre. Pensate che sotto agli alberi stanno in agguato predatori di ogni genere, tra tutti il subdolo gabbiano e capirete quanto scompiglio e terrore possa portare uno sgraziato airone di un metro fra queste fronde. Sono ancora intento a farmi i complimenti per tutto il mio acume quando accade qualcosa che mi riporta, è il caso di dirlo!, con i piedi per terra.

White moves first always..
..E il grande airone bianco si pappò il piccolo Black Noddy sotto gli occhi inorriditi del Vostro reporter..


E mentre documento il tutto, esorcizzandolo dietro alle lenti della mia reflex, non posso fare a meno di riflettere su quanto poco sapessi della dieta degli aironi e, di conseguenza, quanto le mie teorie sociologiche siano professionalmente valide quanto una banconota da sette euro. Si dà il caso infatti che il re dell’isola non disdegni rimpinguare il suo menù con qualche implume pargolo di Black Noddy, e che questa sua perversione alimentare basti a giustificare la paura degli uccelli più piccoli quand’esso plani nelle vicinanze dei loro scoperti appartamenti. Per essere giorno da così poche ore ho già preso un granchio non da poco. Sveglio la riluttante compagna e la convinco ad accompagnarmi al bar per mangiare qualcos’altro, oltre al mio smisurato ego frustrato.

lunedì 29 marzo 2010

Capitolo 52 Nel mezzo del cammin...

E’ tempo di iniziare l’esplorazione. L’ isola non è grandissima ma la piscina del bar attira la maggior parte degli ospiti, quindi sulle spiagge godiamo di assoluta tranquillità, la qual cosa proprio non ci disturba. Ormai è pomeriggio inoltrato, ci azzardiamo a prendere l’ultimo sole, protezione 40 sulle nostre diafane membra, e anche a fare il primo bagnetto. Green Sea TurtleL’acqua non è proprio caldissima, ma nemmeno fredda come la Croazia, e al primo tentativo mi imbatto in una tartaruga marina che incrocia proprio sulla costa dove ci troviamo noi. Immagino che lei non possa dire lo stesso, ma per me è stato un incontro emozionante. In effetti questo è il periodo dell’anno in cui questi giganteschi rettili tornano nei luoghi d’origine per deporre le uova. Ed io e Barbara non stiamo nella pelle all’idea di assistere a questa scena. Ma ci torneremo. Intanto il sole cala lentamente sulle pacifiche acque del Pacifico. La marea lentamente discende e la riva diventa territorio di caccia degli aironi e dei gabbiani. Ci godiamo un fantastico tramonto immersi nella quiete di quest’angolo di paradiso.


Tramonto ad Heron IslandDopo aver cenato ci attira l’idea di avere un incontro ravvicinato con una tartaruga in vena di deporre le uova, quindi ci rechiamo a farci catechizzare a riguardo. Sull’isola è presente un centro di ricerche marine, sotto l’egida dell’Università del Queensland, che fra i vari compiti ha anche quello di monitorare il passaggio delle balene in autunno, e, appunto, l’arrivo delle tartarughe nei mesi estivi. Il fortunato hippie che ci accoglie ci spiega che in caso di incontro con questi rettili è vietato dar loro fastidio, quindi ci provvede un paio di minuscole torce a luce calda, che l’occhio del animale non coglie. È lo stesso procedimento che abbiamo già sperimentato a Kangaroo Island, quando alla luce di queste particolari lampade abbiamo potuto ammirare non visti i pinguini nani. Armati di questi minuscoli lumini usciamo alla ricerca di avventura. Il problema è che la serata prescelta è senza luna, e una volta usciti dal cerchio di luci, peraltro abbastanza flebile, del resort l’oscurità ci avvolge pressoché interamente. La visibilità che le torce provvedono è appena sufficiente a mostrarci dove mettiamo i piedi, quindi l’angusto sentiero che passa in mezzo alla giungla e che oggi pomeriggio sembrava comodamente agibile, si rivela di assai più infida percorribilità alla luce delle stelle. Ma dinnanzi alla prospettiva di un paio di testuggini in cerca di un luogo consono dove deporre qualche centinaio di uova, la famiglia Bonazzi, qui in versione Giovani Marmotte, non può certo preoccuparsi per un po' di illuminazione fatiscente. Morale: raggiungiamo non senza difficoltà la spiaggia e decidiamo di accamparci in un punto abbastanza illuminato, pregando il Dio delle Tartarughe di mandarci qualcuna di queste ragazzotte a prendere terra proprio qui.


L'attesa si rivela infruttuosa e ci tocca far ritorno in stanza, non senza prima farci un altro viaggetto nella Selva Oscura. E mentre i Muttonbirds sottolineano la nostra frustrazione con un coro tutt'altro che angelico e la brezza marina si insinua fra le fronde di Pisonia recandoci afrori tutt'altro che romantici, ci concediamo a Morfeo nella nostra prima notte isolana.