Dal parco delle foche ci muoviamo verso sud, in direzione di Flinders Chase. Il paesaggio è spettrale. Gli incendi hanno devastato la parte meridionale dell’isola, qualche solitario albero carbonizzato è quanto rimane di quello che poteva essere una rigogliosa boscaglia.
Drammatico? In realtà, come mi spiega la Dott. Zecchin, "molti (purtroppo non tutti, visto che i recenti eventi hanno dimostrato che i piromani ci sono anche in Australia!) di questi incendi sono programmati e appositamente causati da quello che è l'equivalente del nostro Corpo Forestale. Ora, se si ha anche solo una minima idea del vento che spira costante in quelle zone, questa pratica può sconcertare parecchio. A quanto pare però anni e anni di esperienza hanno permesso ai rangers di capire quando, dove e come appiccare gli incendi, se vogliono che questi abbiano una funzione benefica per la natura, e non devastante. E benefica molto più che in altri ambienti, perchè qui il fuoco non solo fertilizza i terreni, ma soprattutto è elemento fondamentale per lo sviluppo di certe piante, che proprio dal fuoco dipendono per alcuni passaggi importanti dei loro cicli. Per es. la Yacca, buffissima pianta nota per il suo enorme ciuffo di foglie che ce l'ha fatta soprannominare "cugino It", con gli incendi sprigiona un gas che ne stimola la fioritura...madre natura è proprio incredibile! "
Il parcheggio del parco è posto sotto a degli enormi eucalipti. Nonostante nuvole minacciose siano in arrivo dall’oceano, l’ombra delle fronde e la quiete del luogo formano il rifugio ideale per chi, come noi, è alla ricerca di un posticino tranquillo in cui consumare un modesto pranzo. Mentre Barbara si documenta sulle guide io vengo rapito dalla pace del luogo e, inclinato il sedile quel che basta, infrango il sacro silenzio che ci circonda con un russare misurato e armonico.
Purtroppo tutti i momenti più belli sono destinati a finire, e Barbara, dopo aver mandato a memoria ogni singola riga sul parco, decide di porre fine alla mia pennica e di trascinarmi in mezzo alla natura selvaggia. All’ingresso perdo subito mia moglie, che mi lascia in coda a versare il giusto obolo e a larghe falcate si dirige verso il centro informazioni per riempire quelle poche lacune che lo studio compulsivo di otto guide le hanno lasciato. La ritrovo con un libro di piante locali, con cui certo non è entrata, mentre smanetta su di un touch screen di nozioni botaniche. Ora, l’intero concept del giro informativo è studiato per i bambini: i seggiolini sono ad altezza bimbo, le manopole e i pulsanti dei vari schermi sono colorate e accattivanti, le gigantografie dei dinosauri e delle piante sono sistemati all’interno di un piacevole percorso didattico immediatamente comprensibile ai più piccoli. Ed infatti, alle spalle della mia invasata consorte si è formata una coda di 10 – 15 scolaretti, ordinatamente in attesa che la bambina più grande ceda loro il posto.
La strada principale del parco è anche l’unica che porti all’estremo sud dell’ isola. Da lì partono diversi percorsi tematici, ognuno dei quali ti permette di incontrare una particolare specie animale. Purtroppo la stagione degli amori e della deposizione di uova degli ornitorinchi è già iniziata, e, per motivi di privacy, il loro sentiero è chiuso. Ecco, lo sapevo. Se c’è un animale che ero veramente curioso di vedere, questo era l’ornitorinco. Già in natura è tutt’altro che facile osservarli, addirittura impossibile se non in questo continente. Arrivare in capo al mondo e trovarsi i percorsi a loro dedicati chiusi per accoppiamento è veramente una beffa.
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