Dopo questa clamorosa figuraccia sentiamo la necessità di tuffarci in mezzo alla folla per mimetizzarci. Facciamo una rilassante passeggiata sulla promenade che porta all’ Opera House, per dar modo alle nostre guance di perdere il rossore diffuso. Un salto all’interno di questo celebre teatro ci permette di ammirarne l’avveniristica architettura, che peraltro non capiamo, e di apprezzarne il programma artistico dei prossimi giorni. Ovviamente nelle due serate che passiamo in città in cartellone è previsto un’entusiasmante novena natalizia, bambini vestiti da renne ed elfi riuniti in un coro di voci bianche raccapriccianti con contorno di buoni sentimenti. Se David Byrne non avesse avuto il cattivo gusto di performare giusto pochi giorni dopo la mia partenza, avrei reagito con sportività maggiore rispetto a quanto non ho effettivamente fatto.
Ma siamo in viaggio di nozze, siamo in Australia, il tempo è splendido e tutto va bene. Non ci facciamo certo indisporre da un cameriere troppo intraprendente, o dalla mancata coincidenza fra i miei impegni e quelli di un genio della musica. Alle spalle dell’ Opera House troviamo i Royal Botanic Gardens, una chiazza di verde intenso che declina verso il blu della baia senza darci l’opportunità di non visitarla. Questo immenso parco offre un perfetto connubio fra le molteplici specie animali che qui dimorano, i numerosi bipedi che qui ricercano pace e tranquillità dal logorio della vita moderna e le varie specie di alberi secolari che gettano un'ombra rinfrancante a beneficio di entrambe. Nel nostro incedere fra i vari sentieri dobbiamo fare attenzione a non investire varie intere famiglie di anatre intente ad insegnare ai propri pargoli l’attraversamento di carreggiata. Scegliamo una comoda panchina, è tempo di estrarre la reflex e catturare
qualche momento per le lunghe serate invernali che troveremo al ritorno.
Un albero attrae uno stormo di pappagalli variopinti e chiassosissimi. Una famiglia di gallinelle d’acqua intenta a costruirsi il nido presso una fontana. Un paio di candidi kakatua che brucano l’erba più o meno serenamente. Pazzesco. In pratica questo buffo e incazzosissimo pappagallino sceglie un filo d’erba e tenta strapparlo col becco. Non riuscendoci al primo tentativo si aiuta con una zampa, creando ridicole coreografie nel tentativo, spesso vano, di eseguire lo strappo senza perdere l’equilibrio. Ogni fiasco e conseguente caduta è accompagnato dall’equivalente aviario delle bestemmie da carrettiere, nella fattispecie dispiego della cresta gialla, sbattere di piume e poderosi schiamazzi a tutto becco.
A pochi metri da noi un gruppetto di studentesse è intento a fare capriole, incuranti del fatto che la divisa scolastica imponga loro la gonna. Attorno a loro vari gruppetti di sfaccendati, ognuno in qualche modo intento a non far capire il reale motivo della propria permanenza nelle vicinanze. Appena le ragazze cessano la loro ginnastica e se ne vanno, il prato si svuota. Procediamo all’interno del parco e visitiamo la parte dedicata al Giardino Botanico. Ci assale un odoraccio inequivocabile, praticamente in contemporanea con la consapevolezza che ciò che stiamo calpestando non è più semplice asfalto ma un orrendo miscuglio di guano, terriccio e foglie. Sui rami di alberi secolari e preziosissimi hanno trovato rifugio a centinaia gli indiscussi padroni del parco, uno stormo di “Grey Headed Flying Foxes”, in pratica enormi pipistrelli dalla testa vagamente simile a quella della volpe e dall’ imbarazzante apertura alare. Il cartello all’ingresso del parco ci avvertiva del fatto che la chiusura dei cancelli è fissata, per motivi di sicurezza, alle ore 20. Ingenuamente abbiamo pensato che tutto il mondo fosse paese, e che il parco di notte divenisse insicuro e territorio privilegiato di malfattori e malintenzionati. Non è così. Semplicemente al calar della sera queste simpatiche bestiole si levano in volo e iniziano i loro consueti giretti, per impollinare o procacciarsi il cibo, e rimanere nei paraggi in questi momenti non è troppo divertente.